Il presidente francese Emmanuel Macron è salvo ma la situazione a Parigi si fa estremamente tesa.

Non ha raccolto i 287 voti necessari per far cadere il governo francese la mozione di sfiducia "transpartisan" del partito indipendente LIOT, votata da tutte le opposizioni all’esecutivo di Elisabeth Borne dopo l'odiata riforma delle pensioni che aumenta l'età minima da 62 a 64 anni.

Sono mancati 9 voti, con la sfiducia votata da 278 parlamentari. «Quello che non è stato possibile raggiungere con un normale voto parlamentare, lo dobbiamo ottenere con le proteste, gli scioperi, le manifestazioni», ha detto, ai microfoni di BFM TV, il leader de La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, sinistra radicale. «Adesso è ora di passare a una sfiducia popolare».

Fuori dal Parlamento primi scontri vicino all’Assemblée Nationale con oggetti lanciati da parte dei manifestanti contro la polizia che aveva dato ordine di dispersione della manifestazione, non autorizzata. In risposta, diverse cariche e lancio di lacrimogeni. All'altezza di Place Vauban alcuni cassonetti sono già stati dati alle fiamme. La polizia è schierata da questa mattina fra Concorde e Champs-Elysées, ancora vietati agli assembramenti, e la zona di Invalides.

Nelle prossime ore il Paese rischia il blocco, le raffinerie chiudono, i trasporti, la nettezza urbana, la sanità, tutti i settori sono pronti a dare battaglia «fino al ritiro» della riforma, come ripetono Mélenchon e tutti i sindacalisti, più uniti che mai. 

Ma anche in Parlamento rischia di non finire qua: nove voti potrebbero non bastare a garantire il governo di Elisabeth Borne, che potrebbe essere sacrificata nelle prossime ore per consentire un cambio di guida. In serata la premier ha fatto sapere - andando all'Eliseo per un incontro con il presidente - di voler «continuare» il suo percorso e ha ribadito che «la riforma delle pensioni è essenziale per il Paese».

La sinistra ha già presentato un ricorso al Consiglio costituzionale per possibili problemi di legittimità della legge di riforma e si propone di intraprendere il difficile percorso del cosiddetto «referendum di iniziativa condivisa», una forma di consultazione varata nel 2015 che prevede l'iniziativa di un quinto dei parlamentari e di un decimo degli elettori (che nel caso della Francia sarebbero circa 4,5 milioni di firme, un obiettivo non scontato).

(Unioneonline/D)

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