Aurora e Laura, Erasmus sarde a Valencia: «Scope, pale e guanti, ci siamo rimboccate le maniche»
Le due studentesse, 21 e 23 anni, da appena due mesi in Spagna, sono precipitate in un incubo: «Prima lo choc, poi l'esigenza di dare una mano a chi ha perso tutto»Sono in Spagna da appena due mesi ma, quando sono precipitate dalla spensieratezza dell’Erasmus all’incubo dell’alluvione Dana, non ci hanno pensato due volte a rimboccarsi le maniche per dare una mano.
Loro sono Aurora, 21 anni, algherese, e Laura, 23, di Iglesias. I cognomi non li vogliono diffondere, e neanche le foto, «perché non lo abbiamo fatto per uscire sul giornale ma solo perché abbiamo sentito che era la cosa giusta da fare».
Aurora e Laura dall’Università di Cagliari si sono trasferite a Valencia, meta privilegiata per gli studenti Erasmus, a settembre: la prima per proseguire i suoi studi in Lettere, la seconda per un tirocinio dopo la laurea in Comunicazione.
Dopo giorni di gran caldo, il maltempo improvviso, raccontano a Unionesarda.it: «Eppure inizialmente non abbiamo capito la gravità della situazione: certo, tanto vento, raffiche di pioggia, alberi crollati, l’università chiusa. Solo davanti alla tv ci siamo rese conto della tragedia intorno a noi».
Tanta la paura, che ha attraversato il mare ed è arrivata alle loro famiglie in Sardegna: «Eravamo tutti molto preoccupati». Poi però è subentrata la voglia di dare una mano. «Ieri siamo andate in un centro di raccolta per aiutare a caricare i furgoni di vestiti e cibo». Oggi invece hanno messo le mani nel fango: «Ci siamo organizzate attraverso un gruppo di ragazzi che vive a Valencia da anni per raggiungere le zone maggiormente colpite dal maltempo. Dieci minuti di macchina e almeno un’ora a piedi, facendoci strada tra le auto capovolte. Poi, armati di scope, pale, sacchi e guanti da giardinaggio, abbiamo cercato di spalare tutto quel fango».
Un’esperienza, raccontano, «molto impegnativa fisicamente. Ma con l’adrenalina non abbiamo sentito affatto la stanchezza. Quello che abbiamo sentito è stata la grande emozione. Abbiamo pianto vedendo gente che ha perso tutto eppure sorrideva, grata del nostro piccolo aiuto. Un popolo solidale, che pur non avendo più nulla ci ha dato tantissimo. Per noi era come se fosse successo in Sardegna, non ci sentiamo affatto eroine».
Ora, ricordano, «l’emergenza purtroppo non è finita e noi continueremo a dare una mano. Alla Sardegna e all’Italia diciamo: per favore, anche a distanza, donate quello che potete. A queste persone serve tutto».