Con l'accordo raggiunto in Lussemburgo sulla proroga al 2032 del rimborso di parte del debito greco e nuovi aiuti per 15 miliardi di euro - nonostante il parere sfavorevole della Germania, che del piccolo Paese Ue è il principale creditore - per la Grecia si chiude la drammatica parabola della troika e delle misure di austerity, con l'impegno a rimanere fedele alle scadenze fissate dall'Europa e con alcuni indicatori economici che confermano una timida ripresa del Paese.

Certo a Bruxelles resta qualche perplessità sulla capacità dei greci di riuscire a sostenere il debito e mantenere gli elevati avanzi primari promessi, ma intanto da qui al prossimo 20 agosto Atene si prepara al ritorno sui mercati finanziari senza più avere la lente puntata della troika europea e del Fondo Monetario.

I ministri delle Finanze della zona euro hanno riconosciuto al Governo Tsipras e al popolo greco di aver sostenuto uno sforzo immane per salvarsi dal baratro del default, rispettando un programma di tagli e risparmi senza precedenti. E a guardare alcuni segnali economici, la terapia d'urto ha dato i suoi frutti: i rendimenti dei titoli di Stato sono tornati nella media europea, sono aumentate le esportazioni e la produzione interna, mentre si è confermata nel tempo la crescita del turismo, risorsa principe del Paese, con un + 17% registrato solo tra il 2016 e il 2017.

E I GRECI? - Dietro le cifre, i report e le previsioni per i prossimi semestri, c'è il dato inconfutabile dell'impoverimento della popolazione, sulla cui pelle restano i segni dei dieci anni di austerity.

Dall'esplosione della crisi, il mix micidiale di tasse, tagli e disoccupazione ha fatto scendere il potere d'acquisto della popolazione quasi del 30%, con conseguenze drammatiche per le famiglie monoreddito, i pensionati, i dipendenti pubblici - che si sono visti decurtare gli stipendi del 40% e hanno subito tagli per 200mila posti di lavoro - e, naturalmente, per i giovani che sono costretti a emigrare per avere un futuro.

Ma basterebbe il solo dato rilevato da Eurostat, secondo cui il 22,2% delle famiglie greche vive in situazioni di estrema povertà e fatica a soddisfare i bisogni e le scadenze primarie: dal pagare tasse, bollette di luce e gas alle spese alimentari e sanitarie.

E se i riflettori di Bruxelles si spostano ora verso altri Paesi, ad esempio l'Italia, per Atene gli impegni finanziari restano comunque ingenti e dietro l'angolo sono previsti altri tagli alle pensioni e altre tasse per rimanere nei fatidici parametri Ue.

LE "COLPE" DELLA GRECIA - Nel momento più critico della crisi greca, quello del referendum sull'uscita dall'Unione e quello successivo dei tavoli di trattativa tra Atene e Bruxelles, con l'austerity imposta come un cappio al Paese in ebollizione, si creò un fronte di Paesi simpatizzanti e pro Grecia e la moderna tragedia greca fece da pungolo al diffondersi di un acceso sentimento antieuropeista.

Ma nel ricostruire questa parabola drammatica vanno ricordate anche le innegabili responsabilità delle istituzioni politiche ed economiche greche e lo stato delle finanze del Paese nel 2001, quando arrivò l'ammissione che i conti nazionali erano stati truccati per poter entrare nell'eurozona. Poi, ai conti pubblici falsati, a una fiscalità non proprio rigorosa e a un elevato tasso di corruzione, si aggiunse la crisi globale del 2008 e il mix divenne esplosivo. Sulla Grecia aleggiò lo spettro del default e in Europa per la prima volta si iniziò a mettere in dubbio la tenuta dell'unione monetaria. Il prezzo più alto, per l'irresponsabilità dei vertici nazionali e per l'atteggiamento punitivo di quelli europei, lo pagò soprattutto la gente comune, tanto che un ente non proprio tenero come il Fondo Monetario Internazionale arrivò a fare mea culpa e ad ammettere, a troika ormai avviata, di aver sottostimato le conseguenze di un'austerità spinta all'estremo su un Paese già in difficoltà e in piena recessione.

(Unioneonline/b.m.)

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