Si prospetta l’estradizione negli Stati Uniti per Julian Assange, il fondatore di Wikileaks che proprio negli Usa deve rispondere di pesanti accuse di spionaggio per aver contribuito alla diffusione di documenti riservati, alcuni dei quali  contenenti anche informazioni su crimini di guerra commessi dalla forze americane in Iraq e Afghanistan.

La giustizia britannica ha infatti negato il ricorso alla Corte Suprema presentato dai legali di Assange contro il via libera all'estradizione, arrivato dal giudice ordinario d’appello. 

In primo grado, invece, la giudice Valeria Baraister aveva negato l'estradizione, sulla base delle condizioni di salute e psichiche dell'attivista australiano - che ha trascorso sette anni come rifugiato nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra e poi altri tre nel penitenziario di massima sicurezza londinese del Belmarsh in attesa di giudizio, malgrado nel frattempo fossero cadute le controverse accuse di stupro presentate parallelamente nei suoi confronti dalla magistratura svedese - e di una perizia che lo indicava a rischio di suicidio se consegnato agli Usa.

Lo scorso dicembre, invece, la Corte d'Appello aveva ribaltato la sentenza a suo sfavore, accettando le rassicurazioni delle autorità americane: che sulla carta di sono impegnate a evitargli la reclusione in isolamento in un carcere duro, evocando pure la possibilità di una condanna inferiore al massimo della pena teorico e l'ipotetica opportunità di lasciargli scontare parte di un'eventuale condanna in Australia, suo Paese natìo.

(Unioneonline/l.f.)

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