Alberto Trentini, il cooperante arrestato in Venezuela: «Sta bene». La madre: «Pieni di speranza»
Il 45enne è arrivato nel Paese il 17 ottobre scorso per una missione con le ong Humanity e Inclusion, fermato a un posto di bloccoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Arrivano le prime notizie sullo stato di salute del cooperante veneziano Alberto Trentini, recluso in carcere in Venezuela da oltre due mesi. Una «prova certa» sulle buone condizioni è giunta attraverso un canale che tiene aperto un dialogo con le autorità venezuelane. Un'informazione accolta con un sospiro di sollievo dai familiari che nelle scorse settimane avevano fatto appello al governo di interessarsi al suo caso, come avvenuto per la giornalista Cecilia Sala, e di impegnarsi per farlo tornare a casa.
«Siamo pieni di speranza. La voglia di vederlo e di sentirlo è grande», ha commentato Armanda, la mamma del cooperante arrivato in Venezuela il 17 ottobre scorso per una missione con le ong Humanity e Inclusion e arrestato a un posto di blocco il 15 novembre mentre viaggiava da Caracas a Guasdalito. I genitori del quarantacinquenne da tempo sono mobilitati, con appelli ed altre iniziative, per accendere i riflettori sulla vicenda.
«Nessuna notizia ufficiale è mai stata comunicata da nessuna autorità venezuelana né italiana e di fatto, da quasi due mesi, nulla sappiamo sulle sorti di Alberto, tenuto anche conto che soffre di problemi di salute e non ha con sé le medicine né alcun genere di prima necessità», avevano detto nelle scorse settimane spiegando che dal giorno del suo arresto nessuno era riuscito a vederlo o a parlare con lui. Una situazione di totale black out che aveva portato i parenti del cooperante veneto a chiedere l'intervento del Governo per «porre in essere tutti gli sforzi diplomatici possibili e necessari, aprendo un dialogo costruttivo con le istituzioni Venezuelane, per riportare a casa Alberto e garantirne l'incolumità».
Un appello per la sua liberazione è arrivato anche dai genitori di Giulio Regeni durante la trasmissione di Fabio Fazio 'Che tempo che fa'. «Chiediamo che il governo si dia una mossa perché è passato troppo tempo, non si sa dove sia. Vogliamo che torni a casa sano e salvo» ha detto Paola Deffendi, la mamma del ricercatore italiano ucciso in Egitto. E nei giorni scorsi nella sua Venezia è stato organizzato un flash mob sul molo di piazzetta San Marco in cui è stato esposto uno striscione con la foto del giovane cooperante e l'hashtag #freealberto.
(Unioneonline)