Un afroamericano condannato all'ergastolo per l'uccisione di tre uomini bianchi è stato scagionato da un giudice dopo aver passato 43 anni ii carcere.

Kevin Strickland, una vita in cella, oggi ha 62 anni e solo due desideri: “Andare sulla tomba di mia madre e sull’Oceano, che non ho mai visto di persona”.

E’ il Washington Post a raccontare l’ennesimo caso di mala giustizia negli Usa, con una probabile venatura di pregiudizi razzisti.

E’ il caso più lungo di errata condanna nel Missouri e di uno dei più lunghi nella storia degli Usa.

Strickland fu condannato nel 1978 per l'omicidio di Sherrie Black, 22 anni, Larry Ingram (21) e John Walker (20), nonostante l'assenza di una prova fisica che lo legasse alla scena del crimine, l'alibi fornito da più familiari e l'ammissione dei killer che lui non partecipò al triplice delitto.

Il caso fu interamente costruito basandosi sulla testimonianza di Cynthia Douglae, unica sopravvissuta dell’aggressione, che tuttavia subì le pressioni degli investigatori e poi tentò di ritrattare, ma inutilmente.

"In base a queste circostanze uniche, la fiducia della Corte nella condanna di Strickland è così minata che non può reggere, quindi la sentenza deve essere cancellata", ha scritto il giudice James Welsh, decretando l'immediata scarcerazione del detenuto.

Decisione criticata dai repubblicani del Missouri, governatore in testa, e dall’attorney general.

LA VICENDA – Il 25 aprile 1978 il 21enne Vincent Bell – un vicino da cui suo padre gli aveva detto di restare lontano –, Kim Adkins (19 anni), Terry Abbott (21 anni) e un sedicenne si fermarono fuori dall’abitazione di Strickland, che dopo una breve chiacchierata preferì restare a casa con la figlia nata da poco.

Il gruppo poi organizzò una spedizione punitiva in un bungalow per vendicare una perdita al gioco con dadi truccati. legando e uccidendo tre giovani. Douglas si finse morta e fu risparmiata, poi riuscì a liberarsi e chiedere aiuto. 

Poco dopo il blitz della Polizia a casa di Strickland, che fu portato in caserma per un riconoscimento. Uno degli investigatori intanto faceva pressioni sulla Douglas perché indicasse lui come colpevole, così l’afroamericano fu processato e condannato. A nulla valsero gli alibi, neanche la confessione di due degli assassini, che ammisero che il loro amico non era presente sul luogo del massacro.

E la stessa Dougals, dopo la testimonianza dei killer, avvicinò il procuratore per ritrattare, ma fu minacciata di venire incriminata per spergiuro.

Ora, dopo 43 anni, per Kevin si spalanca la porta della libertà e la strada verso l’Oceano. Ma nel frattempo una vita gli è passata davanti.

(Unioneonline/L)

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