«Tra dieci minuti siamo da voi. E no, non abbiamo buone notizie».

Con queste parole, il 3 febbraio 2016, si spegnevano per sempre le speranze di Paola Deffendi e Claudio Regeni. I genitori di Giulio erano al Cairo a casa del figlio, scomparso nel nulla una settimana prima, quando hanno ricevuto quella telefonata dall’ambasciatore italiano al Cairo Maurizio Massari e dalla ministra allo Sviluppo economico Federica Guidi. 

Il ricercatore friulano, 28 anni, sette anni fa è stato trovato morto alla periferia del Cairo, abbandonato sul ciglio della strada. Era seminudo, con evidenti segni di tortura, senza documenti di riconoscimento eppure le autorità egiziane capiscono immediatamente chi è.

Studente curioso, preparato, che aveva girato il mondo, poche settimane prima era tornato in Egitto per concludere la sua tesi del dottorato di ricerca all’università di Cambridge. Doveva rientrare in Italia il 23 marzo 2016, aveva già fatto i biglietti. 

Ma quel volo, Regeni, non lo ha mai preso.

Giulio Regeni (Ansa)
Giulio Regeni (Ansa)
Giulio Regeni (Ansa)

LA SCOMPARSA – Il 25 gennaio 2016, Giulio Regeni esce di casa intorno alle 19 e 40. Deve raggiungere un amico per andare a una festa di compleanno. Va verso la metro, che si trova a pochi passi da casa sua al Cairo. È lì che una cella aggancia il suo telefono per l’ultima volta, perché da quel momento Giulio sparisce. 

I genitori lo avevano visto in video il giorno prima, il 24 gennaio. Anche il 25 c’era stato qualche scambio di messaggi, prima che Regeni uscisse di casa. Poi, più nulla. Paola e Claudio non si preoccupano più di tanto. Finché il 27 gennaio ricevono una telefonata dal consolato: Giulio Regeni è sparito. A quella festa non si è mai presentato e da due giorni lo stanno cercando. La notizia deve rimanere per il momento segreta.

Paola e Claudio volano in Egitto, cominciano a cercarlo per le strade, una missione impossibile. Sono sette giorni per loro infernali. Il 3 febbraio la notizia.

Una manifestazione per Regeni (Ansa)
Una manifestazione per Regeni (Ansa)
Una manifestazione per Regeni (Ansa)

IL RITROVAMENTO E I DEPISTAGGI – Giulio Regeni è stato ucciso, dirà l’autopsia, da una frattura della vertebra cervicale, provocata da un violento colpo al collo. Ma il cadavere è devastato da segni di tortura, continuata, durata ore. «L’ho riconosciuto dalla punta del naso – racconterà la madre – Sul suo volto ho visto tutto il male del mondo». 

Dal Cairo cominciano i depistaggi: si parla di incidenti stradali, omicidi maturati nel mondo della droga, vendette personali, omosessualità, rapimenti a opera di presunte bande criminali. In Italia Benedetto della Vedova, sottosegretario agli Esteri, è costretto a dichiarare alla Camera che Giulio non era uno 007.

Giulio Regeni (Ansa)
Giulio Regeni (Ansa)
Giulio Regeni (Ansa)

IL PROCESSO – Da sette anni la famiglia Regeni e la società civile chiedono verità sul caso. In Italia indaga la Procura di Roma con difficoltà immense legate alla inesistente collaborazione dell’Egitto che non ha mai svolto reali indagini su Regeni.

Il 25 maggio del 2021 finalmente sono stati rinviati a giudizio quattro agenti dei servizi di sicurezza egiziani accusati di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. Ma il processo è fermo: per legge gli imputati devono ricevere gli atti del procedimento ma risultano irreperibili, e Il Cairo non ha alcuna intenzione di fornire elementi utili al loro ritrovamento violando tra l’altro l’obbligo di cooperazione giudiziaria.

Nonostante le pressioni, il governo italiano non ha mai fatto granché. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani pochi giorni fa ha visto il presidente al-Sisi, che gli avrebbe detto che l’Egitto collaborerà. Dichiarazioni pronunciate per poter chiudere la questione e occuparsi di altro: l’Egitto ha bisogno dell’Italia ma anche l’Italia ha bisogno dell’Egitto per affari commerciali, energetici, per controllare i flussi migratori e in generale gli equilibri del Nordafrica.

Non è certo la prima volta che vengono fatte promesse nel corso di incontri istituzionali. Stavolta, però, è diverso, garantiscono Tajani e il ministro della Difesa Guido Crosetto. Staremo a vedere.

(Unioneonline/D)

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