Un vero e proprio “consorzio familiare” quello sgominato dal personale del commissariato di Assisi e che ha dato esecuzione a misure cautelari a carico di otto persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti in abitazione tra le zone di Assisi, Arezzo e Siena.

Sono complessivamente 16 gli indagati, 12 dei quali risultati beneficiari di reddito di cittadinanza. Per due persone è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per altre cinque gli arresti domiciliari e per uno l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

I membri della presunta banda sono definiti dalla polizia "di notevole profilo criminale", "efferati e senza scrupoli", "veri e propri professionisti del crimine". Fra loro anche sei donne "scaltre" e "senza scrupoli", di età compresa fra i 22 e i 40 anni.

Le indagini, coordinate dalla procura della Repubblica di Perugia, hanno consentito di ricostruire la struttura del presunto sodalizio criminale, definito ben strutturato ed organizzato.

Gli indagati sono risultati tutti già inquisiti in passato per reati contro il patrimonio.

LA RICOSTRUZIONE – La banda aveva una struttura organizzativa "ben delineata" nei compiti, con basi logistiche definite e "capace, visto il profilo criminale riconosciuto, di avvicendarsi nei ruoli e fronteggiare situazioni di crisi avvalendosi dell'apporto di tutti i partecipi".

L'indagine del commissariato di Assisi è stata condotta soprattutto ricorrendo a metodiche investigative più tradizionali, come servizi di osservazione, appostamenti, pedinamenti e ricorrendo al patrimonio informativo.

Nel corso di più di un anno i poliziotti sono riusciti ad arrestare in flagranza di reato alcuni dei presunti componenti della banda, altre volte sono riusciti a recuperare la refurtiva e restituirla ai proprietari.

Spesso i criminali fuggivano a bordo di auto appositamente scelte di grande cilindrata, affrontando inseguimenti e tentativi di blocco da parte delle forze dell'ordine. Le auto una volta scoperte venivano cambiate velocemente e venivano utilizzate anche targhe false.

Le abitazioni dove compiere i “colpi” venivano invece scelte in quanto "sufficientemente" isolate, raggiungibili attraverso strade sterrate con scarsi sistemi di sorveglianza e controllo delle abitudini dei proprietari. Nel corso dei colpi i telefoni venivano tenuti appositamente spenti per non dare indizi della presenza.

Individuate nel corso dell’indagine anche due basi logistiche, nella periferia di Assisi, dove i criminali si riunivano prima di commettere i furti.

(Unioneonline/v.l.)

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