Dovrebbe concludersi nelle udienze già fissate per il 14 e il 28 settembre il processo penale a carico di un medico dell'ospedale di Tivoli, imputato per il reato di violenza privata a motivo di cinque trasfusioni di sangue effettuate contro la volontà di una giovane donna, testimone di Geova, deceduta poi durante il ricovero. E' quanto annuncia una nota della Congregazione.

Nel 2013 Michela, una giovane donna di Montelanico (Roma), viene trasferita d'urgenza all'ospedale di Tivoli per una grave insufficienza respiratoria. In quanto testimone di Geova, non rifiuta di essere curata, ma vuole che questo sia fatto rispettando la sua obiezione di coscienza religiosa alle trasfusioni di sangue. Anche se al momento incosciente, la paziente aveva in precedenza sottoscritto in un'apposita Direttiva Anticipata le sue volontà, ignorate però dai medici che la trasfondono una prima volta.

Il quadro clinico di Michela si complica e, anche se le sue volontà vengono confermate da un amministratore di sostegno, il medico imputato le somministra altre quattro emotrasfusioni in successione. A conclusione dell'ultima, Michela muore a 36 anni.

Nell'udienza del 15 luglio al Tribunale di Tivoli, il processo ha visto l'ascolto dei consulenti tecnici di parte civile, Daniele Rodriguez, ordinario di Medicina legale e bioetica all'Università di Padova, e Luca Brazzi, ordinario in Anestesia e Rianimazione presso l'Università di Torino e direttore della rianimazione presso l'Azienda Ospedaliero Universitaria "Città della Salute e della Scienza" di Torino.

I consulenti hanno spiegato che le trasfusioni di sangue effettuate sia il giorno del decesso di Michela sia in precedenza non erano il trattamento medico appropriato visto il problema respiratorio della paziente. Secondo Rodriguez, inoltre, dal punto di vista deontologico, i medici non potevano esimersi dal rispettare il rifiuto della paziente espresso nella Direttiva Anticipata e confermato dall'amministratore di sostegno.

(Unioneonline/F)
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