Potrebbe andare a morire in Svizzera, ma vuole farlo qui, accanto ai suoi cari, e lottare anche per il futuro di un Paese che, nonostante la sentenza della Corte Costituzionale sul caso Cappato-dj Fabo, non ha ancora fatto una legge sul suicidio assistito.

La battaglia di Mario - 43enne ex autotrasportatore marchigiano, tetraplegico da dieci anni - per ottenere il suicidio assistito nelle Marche, verrà combattuta anche in sede penale. Da un anno chiede inutilmente all'azienda sanitaria di accedere alla procedura sulla base di quanto previsto dalla sentenza del 2019, e da giugno il Tribunale di Ancona ha disposto che l'Asur (Azienda sanitaria unica regionale) faccia le verifiche cliniche sul paziente per avviare l'iter.

Ma l’Asur non fa nulla e il 43enne, tramite l'Associazione Luca Coscioni, ha presentato una denuncia alla Procura di Ancona contro l'Azienda sanitaria per omissione d'atti d'ufficio. L'Asur sostiene di non essere obbligata a procedere senza una legge specifica; ma la denuncia, che segue una diffida, contesta l'omissione delle verifiche malgrado l'ordine del tribunale.

Da Cappato arriva anche un appello al governo, e al ministro Speranza, che aveva risposto a una lettera di Mario, affinché intervengano per "far rispettare i suoi diritti anche in caso di inazione dell'Asur, della Regione e del presidente Acquaroli".

Ad Ancona oggi l’esponente dei Radicali ha dato conto degli ultimi sviluppi, accanto al gazebo dove i volontari dell'associazione stanno raccogliendo le firme per il Referendum che chiede di abrogare il reato di omicidio del consenziente, per l'eutanasia legale: superato il tetto di 750mila firme. Da ieri c'è anche quella di Mario non "tanto per se stesso ma perché i malati nelle sue condizioni dovrebbero ottenere non solo la morte ma semplicemente essere aiutati da un medico a farlo".

Da settembre scorso Mario ha il "semaforo verde" per il suicidio assistito in Svizzera, ma ha scelto di percorrere la strada per agire legalmente in Italia: le sue condizioni stanno lentamente peggiorando, non riesce a stare seduto sulla carrozzina, è circondato dal calore di amici e famigliari e si attiene scrupolosamente a quanto prescritto dai medici.

"Non si sta lasciando andare", ha precisato Cappato. Mario rifiuta la prospettiva di cure palliative, chiede una morte dignitosa con il suicidio assistito e "sta vivendo una vera e propria tortura per l'inerzia di Asur e Stato italiano".

Secondo l'ordinanza dei giudici, l'Asur, previo parere del Comitato etico, dovrebbe accertare se "sia persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili"; "se sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; "se le modalità, la metodica e il farmaco prescelti siano idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile (rispetto all'alternativa del rifiuto delle cure con sedazione profonda, e ad ogni altra soluzione in concreto praticabile, compresa la somministrazione di un farmaco diverso)".

Finora però l'iter non è partito e, alla causa civile si aggiunge adesso anche un potenziale processo penale.

(Unioneonline/L)

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