La Corte costituzionale sblocca il caso Regeni, a distanza di 7 anni e mezzo dall'assassinio del ricercatore e dopo un lungo periodo di stallo dovuto al rifiuto di collaborare dell'Egitto.

Potrà finalmente cominciare a Roma, probabilmente l'anno prossimo, il processo a carico dei presunti responsabili della morte del giovane dottorando, anche in loro assenza.

Una decisione, quella della Consulta, accolta con «grande soddisfazione» dal procuratore di Roma Francesco Lo Voi - che già nel 2021 aveva chiesto il rinvio a giudizio di quattro alti funzionari della National Security Agency egiziana - e soprattutto dai genitori di Giulio: «Avevamo ragione noi: ripugnava al senso comune di giustizia che il processo per il sequestro, le torture e l'uccisione di Giulio non potesse essere celebrato a causa dell'ostruzionismo della dittatura di al-Sisi per conto della quale i quattro imputati hanno commesso questi terribili delitti», dicono Paola e Claudio Regeni che con il loro avvocato Alessandra Ballerini, ringraziano chi li ha sostenuti, «la procura di Roma ed in particolare il dottor Colaiocco, la scorta mediatica, e tutto il popolo giallo».

Le autorità italiane da tempo si erano scontrate con il muro degli egiziani alla loro richiesta di avere gli indirizzi degli imputati - il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamal e Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif - necessari per notificare gli atti processuali. Adesso la Consulta ha dichiarato illegittimo l'articolo 420 bis, comma 3, del codice di procedura nella parte in cui non prevede che «il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall'art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell'imputato, è impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo», come recita il comunicato diffuso dall'Ufficio stampa, in attesa del deposito della sentenza.

La Corte ha dunque stabilito dei paletti precisi per poter procedere al giudizio in assenza degli imputati: le accuse devono essere legate al grave reato di tortura previsto dalla Convenzione di New York, quello cioè commesso da funzionari pubblici o da chi comunque agisce a titolo ufficiale, e deve esserci un atteggiamento ostruzionistico da parte dello Stato di appartenenza degli imputati che renda impossibile provare che questi siano a conoscenza della pendenza del procedimento a loro carico. Resta comunque fermo il diritto degli accusati che ci ripensino a chiedere un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa.

Ora il gup dovrà attendere il deposito della sentenza, prima di fissare una nuova udienza e procedere a un nuovo rinvio a giudizio, dopo quello disposto nel 2021 e annullato dalla Corte d'assise di Roma proprio in forza della norma sul processo in assenza degli imputati su cui è intervenuta la Consulta.

(Unioneonline/D)

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