Jeanette Chiapello ha solo due anni quando viene trovata, viva, sotto un mucchio di cadaveri nel suo Paese natìo, in Rwanda, nel pieno del genocidio che ha visto gli Hutu massacrare i Tutsi.

I soccorritori pensano che sia rimasta orfana, e così - entrata in un programma di adozioni internazionali - viene trasferita in Italia da una famiglia di Dronero, in provincia di Cuneo.

Lì è cresciuta, ha studiato grafica e design e conseguito un master, con la famiglia ben viva nei suoi ricordi.

Fin quando un giorno la chiama un uomo, Vincent, dicendo di essere suo fratello. Lei è scettica, non gli crede più di tanto, ma un test del Dna conferma la parentela.

Dopo 21 anni Jeanette torna in Rwanda, e lì trova tutti. Tutti coloro che sono sopravvissuti alla strage.

Riabbraccia il padre Leonard, 70 anni, i fratelli Vincent e Celestin, la sorella Jeanne, che le raccontano la verità. Quel giorno del 1996 la mamma di Beata, questo il suo nome vero, si era rifugiata in una chiesa cattolica assieme alla sorella gemella e al fratello.

Gli Hutu li trovarono e buttarono giù la chiesa: morirono più di mille persone.

La storia di Jeanette, che oggi fa la fotografa a Savigliano e ha due figlie di quattro anni e mezzo e un anno, ha fatto il giro del mondo: "È difficile raccontare che cosa ho provato. Devo ringraziare soprattutto i miei genitori adottivi, Anna e Giovanni, mio fratello adottivo, e il mio compagno, che mi sono stati vicini. È stata una terribile, meravigliosa avventura. Ma ora mi sento più completa".

(Redazione Online/D)
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