"La mattina in cui ha deciso di ingerire il nitrito di sodio era collegato in chat con una decina di altri ragazzi che l'hanno sostenuto nella sua scelta": è l’accusa choc lanciata dalle pagine dei giornali locali da Alessandro Cecconi, il padre di Matteo, il diciottenne studente dell'Istituto tecnico industriale Fermi di Bassano che si è tolto la vita il 26 aprile in una pausa tra una lezione e l'altra della didattica a distanza. Cecconi indica un sito, “Sanctioned Suicide”, una community con 17mila iscritti in tutto il mondo che Matteo seguiva dal 12 aprile. Lo stesso sito che la Procura di Roma nei giorni scorsi ha oscurato ravvisando il reato di istigazione al suicidio. L'identico capo di accusa per cui i magistrati della Capitale hanno avviato un'inchiesta dopo la denuncia di due famiglie, quelle di Fabio e Paolo, due 19enni che hanno scelto di morire esattamente come Matteo.

Proprio come lo studente bassanese, i due ragazzi avevano acquistato su un sito Internet il nitrito di sodio e proprio come lui erano entrati nella community “Sanctioned Suicide”.

Il padre di Matteo ha scoperto la cosa setacciando il computer del figlio alla disperata ricerca di una spiegazione al gesto estremo del suo ragazzo.

La mattina del suicidio, racconta il padre, il giovane si era collegato al sito e vi erano altri 10 adolescenti connessi.

"Vai e troverai la pace", "non temere vedrai che andrà tutto bene" ha scritto il gruppo a Matteo.

Il ragazzo, anche secondo quanto affermato dal padre, pare avesse maturato in autonomia la decisione di togliersi la vita ma "sul sito in cui navigava quella mattina ha trovato persone che l'hanno accompagnato nella sua scelta e assecondato".

All'uomo, oggi, resta solo il dolore e la grande disperazione, ma anche un forte sentimento di "rancore nei confronti di chi consente che siti come quello possano esistere". 

(Unioneonline/v.l.)

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