Un nuovo processo di appello per ricalcolare, riducendola, la pena inflitta ma riconoscimento "irrevocabile della responsabilità penale" per tutti i capi di accusa. È quanto hanno stabilito i giudici di Cassazione nei confronti dell'ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, nell'ambito del procedimento legato ai fatti di Piazza San Carlo del 3 giugno 2017 in occasione della finalissima di Champions League tra la Juventus e il Real Madrid.

L'ex prima cittadina di Torino e ora vicepresidente M5S esprime amarezza per la decisione e attacca: «Dal processo emerge che il Comune è stato l'unico responsabile, i sindaci non possono continuare a essere il capro espiatorio di tutto, dalla pubblica sicurezza fino allo smog».

E proprio il 18 giugno ci sarà la prima udienza del processo che vede sotto accusa per inquinamento ambientale colposo gli amministratori pubblici di Torino e del Piemonte che dal 2015 al 2019 hanno avuto una responsabilità rispetto alla tutela della qualità dell'aria. Tra loro appunto Appendino, Piero Fassino e Sergio Chiamparino. Gli ermellini della quarta sezione, dopo quasi otto ore di camera di consiglio, hanno disposto il rinvio ad altro collegio della Corte d'Assise di Torino per ricalcolare "in meius" la condanna, che era stata di 18 mesi, per l'ex prima cittadina. I giudici hanno, quindi, sostanzialmente accolto la richiesta della Procura Generale: la riduzione dei mesi di pena è legata al ritiro di numerose querele e delle costituzioni di parte civile arrivate nelle scorse settimane.

I supremi giudici hanno, però, dichiarato definitiva la responsabilità di Appendino, attualmente parlamentare degli M5S, per le accuse di disastro, omicidio e lesioni, tutte fattispecie contestate in forma colposa. La Cassazione ha inoltre disposto un nuovo processo di appello per l'ex capo di gabinetto del Comune, Paolo Giordana, sempre per ricalcolo della pena. Appello bis anche per Maurizio Montagnese, ex presidente di Turismo Torino. I giudici hanno, invece, assolto in via definitiva con la formula "per non avere commesso il fatto" Alberto Bonzano, dirigente all'epoca dei fatti della Questura. Rigettato, invece, il ricorso proposto da Marco Sgarbi, all'epoca vicecomandante dei vigili urbani. Ci sarà, quindi, un ulteriore segmento processuale per quanto avvenuto la notte di sette anni fa nel cuore del capoluogo piemontese.

Durante la proiezione su un maxischermo della finale di Coppa una serie di ondate di panico tra la folla radunata nella piazza provocarono 1.500 feriti e alcuni giorni dopo la morte di di due donne. A spaventare le decine di migliaia di tifosi presenti nella piazza fu l'azione di una banda di rapinatori (già condannati in via definitiva) muniti di spray al peperoncino. Nelle motivazioni della condanna la Corte d'Assise di appello ha affermato che «l'organizzazione della manifestazione fosse stata tragicamente e inesorabilmente condizionata dalla ristrettezza dei tempi e dalla conseguente e imperdonabile approssimazione che connotava le condotte dei singoli, appare chiaramente dimostrato dalle deposizioni rese dai soggetti», che avevano partecipato alla riunione svolta il 26 maggio e «che davano conto della estrema superficialità delle scelte operate» anche dalla designazione dell'ente organizzatore dell'evento. Per il difensore di Appendino, l'avvocato Franco Coppi,  la decisione della Cassazione è «particolarmente severa nei confronti della sindaca». «A Appendino si attribuiscono responsabilità per fatti che difficilmente potevano essere da lei controllati», spiega il penalista. 

(Unioneonline/D)

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