Patrizia Reggiani torna a parlare, dopo aver scontato 17 dei 26 anni di carcere, cui è stata condannata con l'accusa di essere la mandante dell'omicidio del marito, lo stilista Maurizio Gucci, ucciso a Milano il 27 marzo 1995. A raccogliere le sue confidenze è stato il settimanale Chi, che domani pubblicherà un'intervista. Dove, tra l'altro, si legge: "Ho vissuto una vita al di sopra di tante altre, poi mi sono ritrovata dalle stelle alle stalle e mi sono dovuta adattare, per sopravvivere e per vivere". Parole della Reggiani, per la quale il magistrato di sorveglianza ha disposto l'affidamento ai servizi sociali e che fra qualche giorno dovrebbe cominciare a lavorare come consulente creativo della maison di bijoux di alta gamma "Bozart". "Per me è stata dura, ma credo che per le mie figlie sia stata ancora più dura che per me, perché tenere la testa alta con una madre in carcere è tremendo - ha detto ancora Patrizia, 66 anni - Ancora di più se è in galera quale mandante dell'omicidio del loro padre. Loro sono sempre state dalla mia parte e non hanno mai avuto dubbi sulla mia non colpevolezza. O, almeno, a me non hanno mai detto il contrario". Nell'intervista Patrizia ha parlato degli anni in prigione. "Non ho mai rinunciato alla mia femminilità, io portavo i tacchi anche in carcere, poi, chiaramente tutte le mie compagne hanno cominciato a portare i tacchi - racconta -. Ma a San Vittore vivevo in una normalità costruita. Alla normalità sono tornata la prima volta che ho dormito a casa mia". Per quanto riguarda il suo futuro (che immagina "bellissimo"), la Reggiani ha ammesso che non sa se sarà "riassorbita" da quella Milano di cui era una delle protagoniste negli anni Settanta e Ottanta. "Ma so che se incontrerò le persone che additavano le mie figlie quando ero in carcere - ha aggiunto - mi dimostrerò superiore". E alla domanda se tiene ancora a essere chiamata Gucci ha risposto: "Sì, perché io penso di essere la più Gucci di tutte".
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