«Esiste un Giacomo con il camice, ed un Giacomo senza camice. E su questo non ci deve essere alcun dubbio».

Giacomo Urtis affida al suo profilo Instagram la replica a “Nessuno tocchi Ippocrate”, che aveva chiesto all’Ordine dei medici di prendere provvedimenti contro il chirurgo sardo. Non per l’orientamento sessuale di Urtis, precisava l’associazione ma, facendo riferimento alle recenti foto del chirurgo, per «la pessima immagine che sta dando alla categoria medica, che per secoli è stata emblema di professionalità, austerità e compostezza».

«In un’epoca in cui si parla di diritti, di matrimoni gay, di politically correct, di adattamenti di film e di fate turchine che diventano uomini gay di colore è un po’ sconfortante che non sia ancora ben chiaro quale sia il confine tra pubblico e privato», continua nella sua replica Urtis.

«Questo politically correct – si chiede il chirurgo – viene per caso applicato solo nei contesti in cui è facile farne uso?».

Poi Urtis si lascia andare a uno sfogo personale: «Ho passato tutta la vita a lottare con pregiudizi, sofferenze mentali e fisiche. Oggi che ho finalmente raggiunto un mio equilibrio e iniziato a vivere la mia sfera sessuale in totale serenità, non accetto che venga calpestata la mia professionalità. Se dovessi mai sbagliare qualcosa in ambito lavorativo sarei il primo ad ammetterlo. Ma se vivo la mia sessualità come voglio viverla, e qualcuno non è d’accordo, allora posso accettare solamente che venga attaccato Giacomo, o Jenny. Ma non il dottor Urtis».

Dura e immediata la controreplica di “Nessuno tocchi Ippocrate”: «In queste ore molti colleghi si sono indignati vedendo le tue foto con il deretano di fuori, o quella cavalcioni ad una mortadella o quella vestita da coniglietto di Playboy».

Ancora: «La professione medica è sottoposta a delle regole chiamate codice deontologico. Caro collega Urtis, ti invitiamo a mantenere un decoro, sei un medico! Ti abbiamo segnalato all’ordine di Sassari dove tu sei iscritto e lo continueremo a fare ogni volta che tu pubblicherai una foto che lede l’onore della professione medica».

(Unioneonline/L)

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