Euro, chi tocca muore. Ma, anche solo a parlarne, si rischia di restare folgorati sulla via di Palazzo Chigi. Noi italiani che, a mala pena, sappiamo far di conto, ci interroghiamo e ci dividiamo sulla mossa del capo dello Stato, sforzandoci di capire perché i mercati finanziari prefigurino per noi brutti quarti d'ora.

Sotto il profilo politico, Sergio Mattarella, dicendo «no, grazie» a Di Maio e Salvini, si è assunto la responsabilità - in punta di diritto - di soffocare sul nascere il Governo Conte, temuto - anche a risentire l'eco della campagna elettorale - soprattutto dalla Germania. Una rottura, poi, strumentalmente consumata nel nome di Paolo Savona, economista cagliaritano da decenni apprezzato nel mondo, più di recente anche per una sua lettura critica (e chi non ce l'ha?) sull'euro e sull'euroburocrazia.

Ma non risulta che il professore abbia mai messo al rogo, nella piazza del Quirinale, una copia del Trattato di Maastricht. Mattarella ha detto «no, grazie» a due schieramenti che sino al 4 marzo non avevano nulla in comune. Capaci, però, domenica pomeriggio, di mandare al Colle un premier con i numeri per governare. Il presidente della Repubblica, con una grinta inedita, ha negato di aver frapposto ostacoli. «L'ho fatto davanti al pericolo di forti aumenti degli interessi, per i mutui e per i finanziamenti alle aziende».

Sotto il peso di 2.300 miliardi di debito pubblico, il Bel Paese rischia di sbandare. Mattarella, da buon padre di famiglia, ha pensato agli interessi degli italiani, legati a doppia mandata agli umori dello spread. A pagina 4 il professor Paolo Mattana ci spiega cos'è e che effetti ha. Sull'altare del differenziale tra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi era già caduto, nell'autunno del 2011, Silvio Berlusconi. Fu Giorgio Napolitano (rieletto due anni dopo anche grazie ai voti di Forza Italia) a individuare in Mario Monti il salvatore della patria.

Certo è che, messo alla porta Giuseppe Conte, presidente del Consiglio in pectore con un ricco mandato popolare, Mattarella, senza nemmeno una notte che portasse a tutti consiglio, ha fatto il nome di Carlo Cottarelli-mister mani di forbice. Un nome buono, forse, da dare in pasto ai mercati finanziari (che ieri hanno comunque bruciato 12 miliardi di euro), meno, molto meno, guardando al galateo istituzionale. Da qui la reazione di Di Maio e di tutto il Movimento 5 Stelle, con la richiesta di messa in stato d'accusa per Mattarella. Ma proprio sull' impeachment per l'inquilino del Colle scelto da Matteo Renzi rischia di rompersi la santa alleanza tra pentastellati e leghisti.

Ed ecco che molti vogliono leggerci una regia da fine stratega di Matteo Salvini (magari con qualche suggeritore) per chiudere a Grillo e Di Maio la stanza dei bottoni. Cottarelli ha giurato e spergiurato che la sua missione (im)possibile durerebbe comunque qualche mese, giusto il tempo per tranquillizzare i mercati e magari per mandare al voto gli italiani la prossima primavera con una nuova legge elettorale. Perché questo avvenga, si presenterà alle Camere con una squadra che ha già in testa. Serve la fiducia da parte della metà dei parlamentari. In caso contrario, voteremo a settembre con il Rosatellum, che tutti i mostri postelettorali ha generato.

In tanti, in queste ore, si affrettano ad anticipare che anche il Governo Cottarelli si spegnerà nella culla. Però, quando Roberto Fico a Montecitorio ed Elisabetta Casellati a Palazzo Madama pronunceranno uno per uno 950 nomi, deputati e senatori entranno nell'urna. E penseranno che il loro mandato è durato appena tre mesi. Forse troppo pochi per essere rimandati a settembre.

Emanuele Dessì
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