"Nessuno può avere certezze se Stefano Cucchi non avesse avuto la frattura della vertebra S4 non sarebbe stato ospedalizzato; era immobile nel letto e non riusciva più a muoversi per problemi connessi alla frattura. Cucchi non avrebbe avuto la vescica atonica, probabilmente avrebbe avuto lo stimolo alla diuresi e verosimilmente la morte o non sarebbe occorsa o sarebbe sopraggiunta in un momento diverso".

Lo ha detto Francesco Introna, medico legale del Policlinico di Bari, membro del collegio di periti nominati dal giudice per le indagini preliminari, sentiti oggi all'aula bunker di Rebibbia (Roma) al processo sulla morte di Cucchi, arrestato per droga nell'ottobre 2009 e morto una settimana dopo all'ospedale Sandro Pertini.

Secondo i periti, l'ipotesi principale sul suo decesso resta quella della "morte improvvisa e inaspettata" in un paziente affetto da epilessia.

Quest'ultima però non sarebbe stata l'unico fattore determinante.

L'ipotesi secondaria è la frattura traumatica sacrale.

In entrambi i casi una delle concause sarebbe stata la dilatazione abnorme della vescica che avrebbe provocato problemi cardiaci nel giovane.

Per la morte del geometra romano sono imputati cinque carabinieri, tre dei quali accusati di omicidio preterintenzionale.

"Ci sono voluti dieci anni, sono invecchiata in queste aule di tribunale e finalmente oggi per la prima volta sento un perito affermare che se Stefano non fosse stato vittima di quel pestaggio che gli ha causato quelle lesioni, non sarebbe mai finito in ospedale e quindi non sarebbe mai morto", ha commentato Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, al termine dell'udienza.

(Unioneonline/F)
© Riproduzione riservata