È stato fermato uno dei due complici di Alex Baiocco, il 24enne milanese già in carcere per aver teso, alle 2 dello scorso 4 gennaio, un filo di acciaio ad altezza d'uomo in viale Toscana a Milano mettendo in pericolo la vita specialmente di motociclisti e ciclisti.

Il giovane, 18 anni, si chiama Michele Di Rosa: si è costituito a Monza spiegando di essere uno dei ragazzi responsabili di aver teso la micidiale trappola. È stato portato in carcere, sempre a Monza, e ora gli inquirenti stanno rintracciando il terzo ragazzo, già identificato.

«Era un gioco senza regole, non c'era un'altezza prestabilita alla quale intendevamo mettere il cavo, in generale non c'è stata una programmazione della cosa, ma solo 'prendi il cavo e tiralo', non mi rendevo conto dell'effettivo pericolo. Non doveva essere una trappola, era il nostro gioco che non doveva coinvolgere altri». Queste le parole di Alex Baiocco, il primo arrestato, 24enne milanese, nell’interrogatorio reso al gip Domenico Santoro.

«Avevamo bevuto, ci stavamo annoiando e ci è venuta questa idea stupida», ha riferito. «Quando abbiamo visto che qualcuno ci osservava dalla finestra (colui che ha chiamato le forze dell’ordine, ndr) siamo corsi via spaventati. Questo è quello di cui mi pento, perché poi mi sono reso conto che il cavo andava tolto, ho capito che qualcuno si poteva far male o che comunque avrebbe intralciato il passaggio. Solo in cella ho riflettuto e capito che qualcuno poteva morire».

Baiocco ha detto che stava facendo «il pagliaccio per assecondare gli amici», si sentiva «partecipe del gruppo» e aveva «bisogno di approvazione».

Il gip ha definito «assurda» la condotta dei giovani. Condotta che, si legge nell’ordinanza «non integra il reato di strage che consiste nel fatto di chi, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità, intesa come il bene della sicurezza della vita e della integrità fisica, riferito non già ad una o più persone determinate ma alla collettività nel suo insieme».

In questo caso, si legge ancora nel provvedimento, «non è dato evincere che quella condotta sia stata accompagnata dal fine di uccidere nel senso richiesto» dalla giurisprudenza.

Lo stesso vale per l'accusa di attentato alla sicurezza dei trasporti. Invece, «allo stato degli atti, non appare dubitabile che il pericolosissimo congegno  abbia oggettivamente avuto finalità di ostacolare la libera circolazione stradale». Il reato contestato dunque è blocco stradale.

(Unioneonline/L)

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