Cecilia Marogna non ha dato il consenso all'estradizione.

La manager, arrestata a Milano su mandato di cattura dell'autorità giudiziaria del Vaticano nell'ambito dell'inchiesta sul caso del cardinale Angelo Becciu, oggi davanti alla quinta Corte d'Appello milanese ha detto che non vuole essere estradata.

Proprio ieri la Corte ha convalidato l'arresto e disposto il carcere dopo aver rilevato la "gravità dei fatti" e "il pericolo di fuga". La 39enne cagliaritana secondo le accuse si sarebbe "appropriata di fondi della Santa Sede a lei assegnati per fini istituzionali".

Si parla di mezzo milione di euro per operazioni segrete umanitarie e che, quasi per la metà, sarebbero stati utilizzati per l'acquisto di borsette, cosmetici e altri beni di lusso. Tra l'altro, 12mila euro sarebbero stati spesi da Poltrona Frau, 2.200 da Prada, 1.400 da Tod's, 8mila da Chanel.

Una condotta che, in astratto, per la legge italiana porterebbe a configurare anche il reato di autoriciclaggio. Lei si difende sostenendo che quei soldi sarebbero in parte stati il suo compenso e in parte usati per gli spostamenti durante le sue "missioni diplomatiche": a suo dire era in grado di tutelare la Santa Sede in contesti difficili come in Africa e Medio Oriente.

Cosa succede ora? I magistrati milanesi, per i prossimi passi del procedimento, sono in attesa degli atti di accusa dell'autorità giudiziaria di Città del Vaticano. Opponendosi all'estradizione i tempi si allungano e sull'istanza della Procura generale dovranno esprimersi i giudici dopo un'udienza che sarà fissata più avanti. La Procura Generale milanese ritiene di non aver alcun interesse a trattenerla in carcere in Italia.

Il Papa intanto tira dritto e nomina Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, al posto di Becciu, mons. Marcello Semeraro, finora vescovo di Albano e Segretario del Consiglio di Cardinali che aiuta il pontefice nella riforma della Curia.

(Unioneonline/D)
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