«Come ci è finito il mio dna sulle mutandine di Yara? Vorrei capirlo anche io...».

Così Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo per l'omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, risponde a Francesca Fagnani che lo ha intervistato e incalzato per la prima puntata di Belve Crime.

L'uomo condannato all'ergastolo per l'omicidio della giovanissima di Brembate di Sopra, avvenuto il 26 novembre di quindici anni fa, si è sempre dichiarato innocente, nonostante Appello e Cassazione abbiano confermato la sentenza della corte d'assise di Bergamo.

E lo ha ribadito anche ieri sera: «Sopravvivo all'ingiustizia che sono costretto a vivere. Mi sento addosso l'etichetta del mostro, un tatuaggio stampato sulla testa che porterò addosso fino alla fine dei miei giorni. Ma ritengo di non essere un assassino». 

«Le sentenze – ha aggiunto - vanno rispettate, ma si possono anche mettere in discussione. Capisco il dolore dei genitori di Yara, ma non si è fatta la giustizia che meritavano. Non sono state percorse tutte le piste, Ignoto 1 non può essere Massimo Bossetti. E' tutto assurdo. Anche io vorrei capire in che modo il mio dna sia finito sugli slip di Yara. Io quella povera ragazza non l'ho mai vista, non l'ho mai incontrata».

«Lei come riesce a resistere?», chiede la conduttrice. «La rabbia è tramutata in forza e la forza viene alimentata dai miei familiari, che non mi hanno mai abbandonato. Si impazzisce, ma non bisogna farsi prendere dal contesto».

Bossetti ha anche parlato dei tradimenti della moglie, che oggi gli è molto vicina: «Quella è la cicatrice più profonda che ho. L’ho scoperto in carcere e ho tentato il suicidio, mi hanno ritrovato con la testa nel lavandino e una cintura al collo. Mi hanno portato in infermeria e sono riusciti a salvarmi».

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