Lavoro in nero, senza orari né riposi, con turni "massacranti e continui", senza garanzie previdenziali e assistenziali e anche con paghe misere.

Sono le condizioni in cui si trovavano a lavorare delle donne moldave, secondo quanto emerge dalle indagini dell'inchiesta "Women transfer" che oggi ha portato al fermo di sei persone – cinque di nazionalità moldava e una italiana - fra Potenza e Padova, tutte parte di un'associazione per delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, all'intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro. 

Secondo gli inquirenti, fra gennaio e maggio 2021, l’organizzazione criminale aveva organizzato almeno sedici viaggi, o meglio traffici di esseri umani, dalla Moldavia a Potenza. Una volta arrivate nel nostro Paese, le donne – attirate da allettanti proposte di impiego – scoprivano che cosa attendeva loro: passaporto ritirato dall'organizzazione, con sede operativa proprio nel capoluogo lucano, ospitalità in case strapiene, fino all'"assegnazione" ad una famiglia dove venivano letteralmente schiavizzate.

E non potevano andarsene in alcun modo: "in caso di insolvenza" o "riluttanza alla rigida sorveglianza a cui erano sottoposte", spiegano gli inquirenti, venivano minacciate di essere costrette alla prostituzione. In più dovevano anche pagare una "tangente" di 100 euro ogni mese al clan, che otteneva anche il rimborso delle spese di viaggio.

Circa 87 secondo le indagini delle Procura antimafia potentina le vittime della tratta. Stamattina sono stati fermati i sei indagati grazie a un'operazione dei Carabinieri, giunta al termine di investigazioni congiunte con la Polizia moldava e l'assistenza di Europol. 

(Unioneonline/D)

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