L'insularità sostenibile, di Nicola Zoccheddu

26 luglio 2021 alle 18:00aggiornato il 28 luglio 2021 alle 15:25

Prosegue il dibattito aperto da L’Unione Sarda sui temi dell’ambiente, dell’energia e l’utilizzo dei fondi del PNRR.

Dalla recente giurisprudenza del Tar Sardegna sugli impianti energetici da fonti rinnovabili sembra potersi rinvenire un fil rouge che riunisce tutte le sentenze: se è vero che esiste un evidente favore del legislatore sulle energie rinnovabili (il D.Lgs. 387/2003 le definisce espressamente come opere di pubblica utilità), è altrettanto vero che dovrà trovare un adeguato bilanciamento con gli altri interessi di natura primaria, costituzionalmente tutelati.

Ha suscitato un vivace contenzioso la disciplina avente ad oggetto l’individuazione preventiva di aree potenzialmente inidonee all’installazione di parchi eolici, dettata dalla Regione, a seguito delle pronunce di incostituzionalità, con la L.R. 8/2015 e con la conseguente DGR 40/11. Ciò che la Regione aveva fatto dopo una puntuale ricognizione dei vincoli previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 42/2004), dal PPR, dal PAI, oltre alla ricognizione delle aree naturali protette, delle zone umide (Convenzione Ramsar) e di quelle con produzioni agroalimentari di qualità. Ebbene, sul fatto che tale patrimonio ambientale debba rappresentare un punto di riferimento costante nelle valutazioni adottate dall’Amministrazione appare con ogni evidenza già nella sentenza n. 453/2020, ove il Tar Sardegna è lapidario nell’affermare che «il patrimonio storico artistico e culturale, e il paesaggio siano, in Sardegna, meritevoli di particolare tutela è un fatto talmente noto, talmente pacifico, da non dover indugiare particolarmente sul punto», così evidenziando la particolare rilevanza degli interessi da controbilanciare. Entrando nel merito dei contenziosi citati, deve rilevarsi come dal punto di vista formale sia stata contestata la legittimità costituzionale dell’art. 42, L.R. 8/2015, che costituisce il presupposto normativo della DGR 40/11, per violazione dell’art. 117, co. 3 Costituzione, avendo lo Stato posto i principi fondamentali in materia di energia con l’art. 12, co. 10, D. Lgs. 387/2003 che tutte le Regioni, anche quelle a statuto speciale, sono tenute a rispettare. Tale tipo di censura veniva rigettata sotto due diversi profili che emergono con chiarezza nella sentenza n. 573/2020. In primo luogo il Collegio sardo evidenziava come “la previsione regionale, di individuazione di aree “non idonee” è coerente con la normativa nazionale rispetta i principi (di tutela ed economici), con l’individuazione dei valori, dei beni e degli elementi sensibili da preservare”.

Sotto altro profilo, il Tar rimarcava che “tale individuazione delle aree e dei siti “non idonei” non si configura come divieto preliminare, ma come atto di accelerazione e semplificazione dell'iter di autorizzazione”, ben potendo anche essere ribaltato in sede di esame del progetto concreto. Dal punto di vista sostanziale, invece, le censure si sono concentrate sulla completezza delle istruttorie e sulla conseguente ragionevolezza e coerenza dei provvedimenti assunti. A tal riguardo, il Tar Sardegna, in piena aderenza alla linea dettata dalla Corte Costituzionale, si è espresso non già in una difesa aprioristica del patrimonio ambientale, bensì in una verifica della congruità delle valutazioni operate da tutti gli Enti coinvolti nel rilascio dell’autorizzazione unica. Detto in altri termini, se con l’individuazione delle aree non idonee all’installazione la Regione ha solo rilevato un potenziale conflitto con il patrimonio storico, artistico, paesaggistico o culturale, è solo con il provvedimento concreto che dovranno emergere tutti i differenti interessi in gioco ed il correlativo bilanciamento degli stessi. Ciò che risulta, con grande chiarezza, in una recentissima sentenza del Tar Sardegna, n. 418/2021, ove il Collegio, annullando il diniego opposto dall’Amministrazione, ha affrontato il tema dell’installazione di un impianto fotovoltaico in una zona ex industriale, ancora fortemente caratterizzata da tale pregressa destinazione d’uso, per la quale sussisteva un vincolo paesaggistico di area seminaturale. Al riguardo il Tar evidenziava come “l’area viene ritenuta di pregio quando, in realtà, la zona è ex industriale”. Ma ciò che è fondamentale è che la sussistenza del vincolo paesaggistico, come area seminaturale, impone l’espressione di una valutazione “specifica” caso per caso. 

Nicola Zoccheddu 

(Avvocato)