Il focus

«Nel 70% dei roghi c’è la mano dell’uomo» 

Laconi: nel 2025 bruciati meno ettari, il sistema antincendio sta funzionando 

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C’è sempre la mano dell’uomo dietro i roghi che devastano la Sardegna. «Con un rapporto di 70 a 30 tra dolo e colpa». Tra cause volute e noncuranza. A fine ottobre è calato il sipario sulla campagna antincendio 2025 che consegna un’Isola meno bruciata rispetto al 2024 ma segnata dalla dinamica di sempre: il manto nero, dove prima c’era il verde, sarebbe un disastro evitabile.

La buona notizia

I «dati incoraggianti», sulla parte di terra che si è salvata, arrivano da Rosanna Laconi, l’assessora regionale all’Ambiente che chiuderà l’anno con la proposta di riforma della Protezione civile, blindatissima sino al passaggio in Giunta. Ma sarà quello uno dei tasselli da cui passerà la lotta al fuoco. «Dall’inizio della legislatura – spiega – lavoriamo per rafforzare i controlli e migliorare le azioni di spegnimento e bonifica. Nonostante i numeri contenuti del contingente in servizio e una stagione particolarmente difficile, il sistema ha dato risultati concreti: 1.069 ettari risparmiati dalle fiamme rispetto a un anno fa, una riduzione del 38%. Trend positivo anche nel confronto con la media degli ultimi dieci anni: calo del 36% delle superfici boschive bruciate, pari a 946 ettari».

Solito dramma

A non cambiare è invece la sottocultura del fuoco, da cui la Sardegna non risulta esente. «Il quadro investigativo dell’ultimo quinquennio – continua Laconi – restituisce una netta prevalenza del dolo». In cima alla lista degli incendi voluti «ci sono conflitti o vendette tra privati, per ragioni di pascolo, ma anche tra allevatori e pubblica amministrazione. Questo succede nel 31% dei casi, secondo i report del Corpo forestale. La piromania è causa di devastazione con un’incidenza del 19%». Il fuoco appiccato volontariamente, ma la cui dimensione del rogo finisce per sfuggire di mano sino a diventare danno sociale, ha origine pure in azioni malavitose fine a stesse, proprio con l’obiettivo di «distrarre» la stessa struttura forestale. Succede così quasi due volte su dieci. Tra le azioni colpose, scintille che partono da taglia erba e altri mezzi meccanici, ma anche abbruciamenti finiti fuori controllo.

Ultimo dato

È quasi superfluo dirlo, ma non tutti i terreni che vengono bruciati sono uguali. Un ettaro di bosco “pesa” evidentemente di più rispetto a un campo di sterpaglie. «Sono differenze chiave nella lettura integrata dei dati – sottolinea l’assessora –. La natura dei terreni coinvolti, il loro valore ecologico, la biodiversità perduta e i tempi di recupero degli ecosistemi colpiti sono indicatori fondamentali per capire la dimensione reale dei danni». In quest’ottica vanno letti «i 2.779,03 andati in fumo nel 2024 contro 1.709,67 di quest’anno. Una riduzione importante – osserva Laconi – anche rispetto ai 2.656,23 ettari che valgono la media dell’ultimo decennio». Altro fronte di analisi sono «le azioni di prevenzione», modulate anche sulla base «delle condizioni meteorologiche e anemologiche che variano da una regione all’altra e incidono in modo decisivo sugli effetti degli incendi».

L’Agenzia

E se la capacità del fuoco di diffondersi è determinata anche dalla «manutenzione dei boschi, un compito assolto per decenni dai pastori, con l’avanzare dello spopolamento e il conseguente abbandono del territorio – chiarisce l’assessora –, il Sistema Regione deve potenziare le misure di prevenzione, specie in condizioni climatiche sempre più estreme. In questo quadro non si può prescindere dalla ristrutturazione di Forestas». Qualche dato: «Tra 2021 e 2024, l’Agenzia ha perso 250 lavoratori, pari a una riduzione del 13,8%, il saldo tra pensionamenti e nuove assunzioni, che nel 2024 sono state 174. Stiamo affrontando la criticità portando a termine il Piano straordinario che ha incluso 450 operai forestali. Altri 70 prenderanno servizio entro novembre, mentre 118 posti saranno ribanditi. Entro il 2028 puntiamo a raggiungere una dotazione complessiva di 922 nuove unità. Oggi Forestas conta 3.919 dipendenti, ha un’età media elevata, di 58 anni. Ma vista la missione sul campo, c’è la necessità di svecchiare l’ente». Questa è ancora un’altra storia ma sul tavolo di Laconi ci sono pure il riordino di Arpas, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e la riscrittura della legge 31/89, sulle aree naturali protette.

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