Energia

Marcia di liberazione  contro pale e pannelli 

L’avvertimento agli speculatori: «Giù le mani dalla Sardegna» 

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Il lungo cammino ha preso il via. Poco più di cinquanta i partecipanti, quasi tutti del Presidio del Popolo sardo, alcuni dei comitati. Al raduno di Paulilatino il sole era appena sorto, la terra non era ancora arsa e la comitiva era allietata da qualche salvifico refolo di vento. “La marcia delle pietre parlanti”, da Santa Cristina, fino a venerdì, quando ci sarà l’arrivo a Barumini-Su Nuraxi, punterà i riflettori sulla speculazione energetica in atto nell’Isola. Alle 7.30, la partenza vera: tra inni sardi e chiacchierate, il sole nel frattempo non solo è apparso ma ha portato con sé afa, secco e 35 gradi.

Il cammino

Lungo strada (a tratti asfaltata, spesso sterrata) si riflette sui danni in essere e ancora da consumare nell’Isola, nelle campagne e in mare. A Bauladu, mentre sul lato della strada si staglia pian piano il nuraghe di Santa Barbara, i manifestanti constatano come l’impatto del maxi parco fotovoltaico che si vorrebbe realizzare metta a rischio anche sentieri ancestrali e monumenti unici. La pietra, appunto, ora parla per ricordare l’antica grandezza di un popolo che si è sempre difeso a testa alta davanti ai tentativi di sopraffazione arrivati quasi sempre dall’esterno. «Qui in campo ci sono multinazionali potentissime», dice Davide Fadda, portavoce del Presidio del Popolo sardo. «Non vorremmo che questa fosse l’ultima estate in cui possiamo godere della natura originaria dell’Isola, senza il disturbo di pale eoliche e pannelli fotovoltaici».

L’incontro

Proprio a Bauladu la comitiva è stata ricevuta dal vicesindaco Omero Ortu, assessore alla Sostenibilità ambientale del Comune, che ha fatto dono al movimento della delibera con cui l’amministrazione ha espresso parere contrario alla realizzazione del parco eolico tra Paulilatino e il paese. Dopo pranzo il cammino è ripreso. Il caldo di Tramatza, davanti al parco fotovoltaico dismesso, ha acceso anche qualche constatazione: «Sembra un cimitero di rinnovabili», constatava una manifestante, Anna Mossa, «un inno al fallimento della transizione energetica».

La serata

All’arrivo a Nuraxinieddu, intorno alle 20 c’è stato un altro momento di riflessione storica, prima della cena e della notte, che i manifestanti hanno trascorso come ospiti di persone amiche del Presidio. Marino Melis, appassionato di storia, ha ricordato l’esito vittorioso della Battaglia di Palloni, frazione appunto di Nuraxinieddu: «Nel 1637, durante la Guerra dei trent' anni, una flotta francese si presentò davanti a Torre Grande e, approfittando del fatto che Oristano fosse in festa per il carnevale, i soldati marciarono verso la città», ha spiegato. «Gli abitanti fuggirono e i francesi saccheggiarono la città. Poiché le truppe sarde erano poche, sì mise in atto la beffa di Santa Giusta: poche decine di cavalieri girarono per due giorni attorno alla basilica sollevando un gran polverone. I francesi temettero che stesse arrivando l'armata spagnola e abbandonarono la città. Una forte retroguardia di “sordaus grogus” (perché indossavano divise gialle) fu sorpresa dalle milizie sarde a Palloni, presso Nuraxinieddu, facendone strage. Molti i francesi morti, feriti e catturati. Da qui il detto “S'andada de is sordaus grogus”». Quattro stendardi delle truppe francesi catturate sono esposti nella cattedrale di Oristano: simboleggiano la capacità dei sardi di resistere all’oppressore.

Il seguito

Oggi, dopo l’arrivo proprio a Oristano, si dibatterà dell’attualità delle norme della Carta de Logu. Al sorgere del sole si conoscerà il perché.

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