Tre piani, oggi come allora. Non uno di più per l’ex ospedale che diventerà hotel. La riqualificazione del Marino è accompagnata da una narrazione, fatta di storia e geologia. Tecnicamente è l’analisi del «contesto insediativo»; nella pratica un saggio. La relazione è stata curata da Maria Antonietta Mongiu. La professoressa. Antichista, intellettuale e studiosa. In ottanta pagine sono raccontate le scelte stilistiche e strutturali della Colonia Dux, destinate a diventare memoria post contemporanea.
Cambio dei tempi
Progettata sul finire degli anni Trenta, la struttura interamente in cemento era stata pensata per sostituire i padiglioni in legno dove, a partire dal 1917, le suore accoglievano nei mesi estivi i bambini delle famiglie indigenti. Erano affetti, soprattutto, da «scrofolosi e tracomatosi», ricorda Mongiu. L’una nota come tubercolosi, mentre l’altra infezione batterica colpiva gli occhi, sino alla cecità. Per via di povertà e scarsa igiene, erano comuni anche rachitismo, patologie reumatiche, disturbi al sistema linfatico. Di qui le cure con sole, mare e caldo.
L’analisi
Ubaldo Badas, classe 1904, l’architetto cagliaritano che dal regime fascista ricevette l’incarico di realizzare la Colonia marina per 700 creature, dovette aspettare prima di vedere la fine dei lavori. La Seconda guerra mondiale fermò anche le spinte del progettista. La costruzione riprese solo al termine del conflitto per concludersi agli inizi degli anni Cinquanta, quando la missione istituzionale era cambiata: non più colonia ma ospedale. Badas, però, la sua forma l’aveva già impressa e lasciata, in collaborazione con l’ingegnere Enrico Pisano. «Lo scheletro in calcestruzzo armato», ha scritto Mongiu. Una struttura che «si sviluppa su tre livelli fuori terra, con un susseguirsi di pilastri e travi orientati sul lato corto del fabbricato». Anche questo sopravviverà.
Il recupero
Si prendano le facciate. Curvature opposte su lato strada e lato mare: convessa e concava. Ma i prospetti sono entrambi caratterizzati dall’alternanza di vuoti e pieni, con muri e finestre sui ballatoi. Nel futuro hotel l’andamento sarà sovrapponibile all’idea originaria di Badas, «i cui elementi costruttivi», ha spiegato ancora la professoressa, «erano stati classificati in unità stratigrafiche». Schedate una per una. Secondo un modello preso a prestito dall’archeologia. «Metodi rigorosi per evitare che l’azione di scavo fosse distruttiva» e quindi «assai lontana dall’approccio sostenibile ed etico, oltre che sociale», di cui Badas stesso si faceva portatore. Questo succedeva un secolo fa. E ci sembra un tempo lontanissimo. Ma bisogna tornare indietro di 6.500 anni per collocare la nascita del Poetto, «avvenuta a seguito del fenomeno chiamato “optimum climatico olocenico”: portò il livello del mare alla quota di qualche decina di centimetri superiore all’attuale». Il tuffo, alla Colonia, è anche soprattutto nel passato, non solo in acqua.
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