Ha corso i 100 metri in poco meno di 20 secondi. Una sfilata di falcate con le protesi in carbonio che fischiavano sulla pista ha regalato a Giusy Versace il titolo italiano paralimpico. Ma soprattutto il record della prima donna italiana amputata bilaterale a gareggiare. Proprio come Oscar Pistorius, il simbolo sudafricano, che ha incontrato a Imola, ai tricolori per disabili. Con lui condivide il sogno di Londra "anche se ho iniziato a competere solo a maggio". E la missione di "dire a tutti gli amputati: non vergognatevi!". Trentatrè anni, Giusy è una calabrese purosangue con lunghi capelli d'ebano e occhi nerissimi. Ma da anni è trapiantata a Milano, lavora nella moda e viaggia per l'Europa. "Ma non nell'azienda di famiglia" (quella che da tanti anni primeggia nel settore), ha spiegato. Quando nel 2005 un incidente in auto le ha portato via le gambe, i suoi progetti hanno avuto una pausa. Ma Giusy, durante il lungo percorso riabilitativo, ha sempre ripetuto di voler riprendere tutto quello che faceva prima. "Mi sono rimessa in piedi, ho ricominciato a guidare. Poi un amico mi ha detto: ma perché non provi a correre, a gareggiare?". Con la grinta di chi "prende tutto come una sfida", lei si è buttata. "Alla prima corsa che ho fatto, c'era mio fratello che mi teneva per il braccio. Sentivo il vento tra i capelli, le braccia che si muovevano, mi sono messa a piangere per la gioia". Non sa ancora quanto le cose si faranno serie, "ma alle paralimpiadi di Londra ci penso, mi piacerebbe rappresentare l'Italia e la Calabria. A settembre inizierò ad allenarmi duramente". Ma il suo primo pensiero va a quelli meno fortunati di lei. "Forse devo trasformare quello che mi è successo in una missione". Così con un'associazione, 'Disabili no limits', raccoglie fondi per le zone del mondo più disagiate, come ad esempio ha fatto per il terremoto di Haiti. Lo sport le "permette di sentirsi viva". Questo, soprattutto, "voglio dirlo a tutti gli amputati, che provano imbarazzo per la loro condizione. Anche per me, che sono pure una donna, e dell'ambiente moda, è stato difficile all'inizio. Fare i conti con l'armadio, le scarpe coi tacchi, e tutto quello che non ti puoi più mettere". Paure presto superate. Chissà che la prossima passerella, non possa essere una pista da atletica inglese.
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