Una data storica nel settore dell’economia internazionale quella del 15 settembre 2008: quel giorno la Lehman Brothers annuncia di volersi avvalere della procedura prevista dal Bankruptcy Code americano, ossia il fallimento.

I debiti bancari ammontano a 613 miliardi di dollari, quelli obbligazionari a 155 miliardi, e altre attività raggiungono l’importo di 639 miliardi. La più grande bancarotta degli Stati Uniti mai registrata nella storia.

I suoi 26mila dipendenti sono rimasti a casa, compresi quelli italiani (140 divisi tra Milano e Roma).

La Lehman Brothers, però, non finisce nel baratro da sola, ma si porta dietro tutta una serie di conseguenze che non si fermeranno agli Usa, e oltrepasseranno l’Oceano e raggiungeranno anche l’Europa causando la grave crisi economica le cui ripercussioni si avvertono ancora oggi nel mondo della produzione, della finanza e del lavoro.

Nata nel 1850, la società si occupava di investment banking, equity, ricerche di mercato e trading: è stata una delle prime a operare nel mercato dei titoli di Stato. Lehman altro non era che il cognome di Henry, il figlio di un mercante tedesco di bestiame che era emigrato in America e si era stabilito in Alabama per aprire un negozio di prodotti tessili. Il "Brothers" venne aggiunto successivamente, con l’arrivo di altri due fratelli: Emanuel e Mayer.

Da commercianti in cotone, gli affari si spostarono ben presto nel settore finanziario sottoscrivendo, nel 1889 la prima offerta pubblica di azioni. Ed è stato poi un crescendo, fino a conoscere le prime avvisaglie di crisi nell’agosto 2007.

(Unioneonline/s.s.)

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