"Quelli là fuori non esistono!". Così disse, esattamente 70 anni fa, Obdulio Varela, capitano dell'Uruguay, ai suoi compagni di squadra, riferendosi ai quasi 200mila spettatori (avete letto bene) dello stadio Maracanà di Rio de Janeiro, pronti a incitare la Seleçao nella partita decisiva per l'assegnazione del Campionato del Mondo di calcio 1950.

Una partita che tutti, ma proprio tutti davano per scontata: il Brasile, che giocava in casa, che aveva dalla sua una folla oceanica di tifosi, che aveva passeggiato sulle avversarie per tutto il torneo e che vantava tra le sue fila campioni del calibro di Jair, Zizinho e Ademir, avrebbe stravinto, portando a casa la sua prima coppa Rimet, come si chiamava allora il massimo trofeo del pallone internazionale.

E tanta e tale era la convizione che i giocatori brasiliani vennero accolti al Maracanà da striscioni di saluto "ai campioni del mondo", mentre le massime personalità politiche del Paese si sperticarono in lodi alla Seleçao "orgoglio del Paese" ancor prima ancora del fischio d'inizio.

Le cose, però, andarono diversamente. I giocatori della Celeste ascoltarono in pieno il consiglio di capitan Varela e davvero giocarono come se i 200mila supporter carioca sugli spalti (record di spettatori tuttora imbattuto) non esistesseroi. E non si abbatterono nemmeno quando i padroni di casa, come da copione, passarono in vantaggio, grazie a un gol di Friaça.

Al 66esimo infatti Schiaffino mise dentro il pareggio, ammutolendo la folla sulle tribune. E quando a 10 minuti dalla fine Ghiggia siglò il 2-1 per la Celeste ecco che tutti i presenti ebbero la certezza che quella partita sarebbe rimasta, per i vincitori e per i vinti, nella Storia.

Alla fine l'Uruguay del ct Fontana si laureò, contro ogni pronostico Campione del Mondo. Il Brasile, che negli anni a venire sarebbe diventato la Nazionale più forte e vincente, restò a bocca asciutta. Una gigantesca lezione di umiltà, di quelle che solo lo sport riesce a dare in maniera così lapidaria, diretta e inequivocabile. Al punto che venne coniata una parola ad hoc per ricordare una simile disfatta: "maracanazo", storpiatura di Maracanà. Il "tempio" dove, il 16 luglio 1950, l'impossibile diventò possibile.

(Unioneonline/l.f.)

Luglio 2020

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