M ario Draghi è un drago italiano che quasi tutta l’Europa ci invidia. Ha la fama dell’uomo che non ha remore a dire verità scomode. Il suo spirito calvinista gli impone una linea di condotta severa. Ursula von der Leyen un anno fa, sperando di trovare in lui una sponda, gli commissionò una relazione sullo stato della Ue. Draghi le presentò un voluminoso dossier, che contiene un’analisi impietosa della politica sociale e economica dell’Unione. Alcuni giorni fa, in una conferenza a Bruxelles, ne ha illustrato i concetti nodali: la Ue è in fase di decadenza e rischia di svanire, s’indebolisce e si espone, indifesa non solo militarmente, alle voglie e agli attacchi che provengono da Est e da Ovest. Insomma, sa farsi male da sola. Ha poi ribadito che: «il nostro modello di crescita sta svanendo», «la nostra inazione mette a rischio competitività e sovranità», «i cittadini europei sono delusi». E che il piano di transizione energetica, già da lui condiviso, è sbagliato. Al pari di molte iniziative ecologiche devastanti per l’economia della Comunità e dei singoli. Bentornato sulla terra mister Draghi. Lei ha parlato, rimangiandosi molte sue precedenti affermazioni, di ciò che noi piccoli borghesi del pensiero avevamo intuito: ossia dell’inettitudine dei nani di Bruxelles. Quelli che credono di compiere una missione salvifica legando i tappi alle bottiglie di plastica.

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