A ll’approdo dalle elementari alle medie la scoperta più sorprendente fu che per andare in bagno non bisognava più chiedere il permesso. L’idea che la prof (quindi la scuola, e quindi la pubblica amministrazione e perciò la Repubblica) non mettesse becco sulle nostre esigenze idrauliche fu elettrizzante. Ci sentimmo adulti, o giù di lì. Dopo quello, in effetti, non ci furono molti altri episodi di emancipazione. Anzi ci abituammo a crescere in uno Stato diffidente e impiccione, capace di farti certificare l'esistenza in vita (è come attestare che rispetti la legge di gravità), dentro famiglie tutelanti e occhiute, avvolti in un discorso pubblico che oggi straparla di baby gang però se un 43enne abbatte un semaforo scriviamo che “il giovane ha perso il controllo del mezzo”. Insomma: una progressiva erosione dell'infanzia è stucchevolmente compensata da una ipertrofia dell'adolescenza. Non stupisce che una preside abruzzese, abrogando il codice, disponga che anche le assenze degli studenti maggiorenni siano giustificate con firma dei genitori. E non stupisce leggere sull'Ansa, che cita il Fatto, che a sollevarsi e a minacciare esposti, prima e più grintosamente degli studenti, siano i genitori. Poi questa battaglia della firma accade in un posto che si chiama Penne, e quindi possiamo sperare che sia uno scherzo. Ma pare di no.

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