L’immensa tragedia
Caffè Scorretto
Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
E sclamò J. F. Kennedy: «Ich bin ein Berliner», io sono un berlinese. La folla oceanica che si era riversata nella grande piazza, ora a lui intitolata, applaudì e pianse. Alle sue spalle un muro prigione divideva la città: di qua Berlino Ovest e la libertà, di là Berlino Est e l’oppressione comunista. Era il 26 giugno 1963, anche il mondo era spaccato in due dalla guerra fredda. Quella frase diventò iconica. Significava che ogni uomo libero doveva sentirsi partecipe con anima e carne della tragedia del popolo tedesco: per metà libero, per metà prigioniero. Adattata a diverse circostanze storiche e a diversi luoghi la frase fu ripetuta più volte: dapprima, rispettandone il senso profondo e sacrale che volle darle Kennedy, interpretò la drammaticità di situazioni e condizioni di comunità vittime di sopraffazioni; poi, sempre più spesso, divenne un ritornello di piazza ripetuto da imbonitori di folle mobilitate a sostegno di cause non sempre nobili. Perdendo forza e significato. In questi giorni, nell’adattamento «Io sono cittadino di Gaza», è diventato lo slogan delle manifestazioni a favore della Palestina e contro Israele, due popoli che lo spietato terrorismo di Hamas il 7 ottobre 2023 ha avvolto in un’unica immensa tragedia. A quello slogan, se si vuole non tradire il senso della frase di Kennedy, se ne dovrebbe affiancare un altro: «Io sono cittadino ebreo».