Coppa dei campioni
Caffè Scorretto
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L a retorica dello sport è una noia. Hai voglia, giornalisticamente parlando, di trasformare chi vince in un campione (spesso non è così), inventando un personaggio che spesso non somiglia alla persona. E basta con la frase fatta “Lo sport rende migliori”, se non si cancellano le cronache su doping, gare combinate, arbitri corrotti e curve che gestiscono bar e parcheggi dello stadio. Di sport ci si può ammalare, e l’Italia è un paziente cronico. Altro che valori. Proprio quando questa verità la si dice tra sé e sé, accade qualcosa che costringe a rettificarsi da soli. Ad esempio, che in finale agli Open Usa di tennis ci siano due bravi ragazzi, Sinner e Alcaraz, cioè i migliori nel mondo. E sono amici. Sinner cede il primo posto in classifica con i complimenti a un Alcaraz stellare e poi fa autocritica: «Devo cambiare il mio gioco, troppo prevedibile», dice con l’assegno da 2,5 milioni in mano. Quindi ha perso perché lo spagnolo è stato più bravo, non perché abbagliato dalle lune di Saturno. E Alcaraz, tenero: «Ormai vedo più te che la mia famiglia» e sorride, non solo per l’assegno da 5 milioni. Non è vero che lo sport ci rende migliori. Però si può rendere migliore lo sport. Caffè troppo dolce, qui e in campo? Ma no: in tribuna, per prendere fischi, c’era l’apposito Trump.