L a buona notizia è che esistiamo ancora, la cattiva è che dobbiamo vivere nascosti: se in questi giorni ti scappa che a te del festival di Sanremo non è mai importato e mai importerà più di una cicca, è la fine. Anche il più mite e raffinato prof di greco, anche il tuo parroco, anche tuo nonno ti schiferà come un nemico del popolo che ama Soros, il farro, i dittonghi e altra roba radical chic. Perciò ecco tre dritte per uscirne vivi se fra capo e collo qualcuno vi chiede un'opinione sulla scorsa serata.

1) Allargare le braccia e ammettere con un sorriso sognante che «si sa, Sanremo è Sanremo...». Poi fingere di rispondere al telefono. (Ps: vale solo per questo festival. Sospirare che Berchidda è Berchidda o che Gavoi è Gavoi serve solo a passare per dementi).

2) Fissare con astio il tipo e gridare che il custode dell'Ariston è pagato come il presidente del Tar del Lazio. Facoltativo: sputare per terra. Eccessivo: sputare sul tipo.

3) Sogghignare: «Hai saputo, vero...?». Poi estrarre un cd e confidare: «Albano mi ha copiato il brano anche stavolta! Io non sono un complottista e tu lo sai, ma così... Ecco, tu che ami l'arte: questo è il mio album, ascoltalo e dammi un parere. Oh, mi raccomando: sincero! Se non ti piace dillo senza pietà. Però ci tengo... Dove vai? Aspetta! Ascoltiamolo insieme. Io ti stimo...». Di solito funziona.

CELESTINO TABASSO
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