Mauro Pili

Sant’Efisio non sarà contento. E nemmeno gli Angeli del Golfo. Gli stessi fenici, che in tempi remoti invasero la costa di Pula, si ritroveranno di punto in bianco usurpati loro stessi del nome di Nora, tramandato sino ai giorni nostri per riconoscere quelle antiche vestigia sul mare. L’irruzione è sotterranea, come si conviene ai potentati che accerchiano la preda per farla propria. Scrutano l’anello debole, tentano gli approcci con tutti i potenziali referenti politici e non solo, e poi lanciano l’assalto, come se nell’Isola di Sardegna non ci fosse un domani. In realtà ci giravano intorno da tempo, almeno un anno, da quando il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, si è lanciato in proclami da padrone delle ferriere, pronto a decidere a colpi di decreti, da far rimpiangere la “malagrazia” degli editti spagnoli o piemontesi, l’occupazione selvaggia del mare e delle vette di Sardegna. Non è dato sapere se, prima di intrattenersi in terra sarda, i nuovi profeti dell’assalto al mare si siano presentati in viale Trento, sede di rappresentanza della Regione Autonoma, sino a prova contraria, della Sardegna. Di certo non si registra una sola nota su incontri istituzionali, sempre forieri di telecamere al seguito. In questo caso niente, silenzio assoluto.

Favole & affari

Eppure loro, gli italo-spagnoli della neonata compagine per l’energia eolica a mare, il dossier Sardegna lo stanno declinando in lungo e in largo con le favole a cui i sardi dovrebbero essere ormai abituati: lavoro a gogò, ricchi premi e tante pale eoliche piazzate in mezzo al mare, questa volta quello della Capitale della Sardegna. Non qualche pala, una foresta, non un solo proscenio, ma l’intero Golfo degli Angeli, da Capo Carbonara a Villasimius, sino all’estrema punta della Torre di Nora, a Pula, sul fronte opposto. Per i due parchi eolici offshore progettati su ispirazione coloniale non hanno scelto un nome originale, hanno preso ad uso e consumo del loro business nientemeno che quello del sito archeologico più noto della costa cagliaritana, l’antica Nora. Non bastavano le decine di petroliere cariche di olio nero che ogni giorno minacciano l’orizzonte, non erano sufficienti le ciminiere nero fumanti che si scorgono impetuose a decine di chilometri da ogni angolo della costa, adesso l’assalto si preannuncia su larga scala. Due braccia a mare di pale eoliche senza precedenti. Uno direzione Nora, l’altro Capo Spartivento. Da una parte Pula, dall’altra Villasimius. Sia ben chiaro: progetto mai presentato in nessun ufficio pubblico. La ragione è semplice: si confida nella procedura straordinaria preannunciata dal “Ministro dell’occupazione eolica della Sardegna” che ha messo nero su bianco un’ipotesi di percorso amministrativo che annienta ogni possibile confronto e, soprattutto, con la scusa del Pnrr e dei tempi imposti dall’alto, autorizza ogni invasione in terra e mare sardo.

Dall’acciaio alle pale

In realtà, però, il progetto è scritto, delineato in ogni suo dettaglio. La presentazione è avvenuta in “camera caritatis”, in penombra, alcune volte in presenza, altre in connessione d’oltremare. Quando i neocolonialisti del mare sardo si presentano usano l’altisonanza esterofila che fa tanto chic nel mondo dell’alta finanza: «Siamo la Falck Renewables e la BlueFloat Energy». In pratica i primi sono gli eredi “verdi” di una delle più “pesanti” attività siderurgiche di sempre, la produzione dell’acciaio, gli altri, quelli del galleggiante blu, sono spagnoli di Madrid e si definiscono pionieri dell'eolico offshore. La Falck, vestita di verde, altro non è che la gloriosa Falck Group di Sesto San Giovanni, nell’attuale periferia di Milano. Dal 1906 al 1995 ha inondato il mondo di acciaio puro, prima con la Società anonima Acciaierie e Ferriere Lombarde di Giorgio Enrico Falck e poi con la “Falck” punto e basta, sino al tracollo del settore a metà degli anni '90. Le ultime fornaci chiusero nel 1995, da allora il pallino degli eredi dell’acciaio è solo uno, quello del grande business delle rinnovabili. Da qualche anno l’accordo con BlueFloat Energy, sviluppatore internazionale sull’offshore galleggiante, è strategico in Italia e non solo. La missione futura è dichiarata: inondare il mare sardo, e non solo, di pale eoliche. Non hanno pensato alla costa toscana o quella ligure, nemmeno al vento che soffia radente sul lago di Como, o sulle cime delle Alpi Lepontine.

Fatelo in Sardegna

Da Roma gli hanno suggerito di puntare sulla Sardegna, sul mare sardo per l’esattezza. Lì, gli hanno spiegato, collocheremo gran parte del “peso” ambientale e paesaggistico delle rinnovabili d’Italia per, poi, trasportare quell’energia prodotta nella “colonia sardo-energetica” direttamente nel Continente, attraverso un cavo che “esproprierà”, senza colpo ferire, la Sardegna dell’energia del vento e del sole. Non si spiega diversamente la decisione di nemmeno affacciarsi alla procedura, ancora prevista per legge, quella di Valutazione d’Impatto Ambientale, incardinata nel Ministero che fu dell’Ambiente. Niente. In quel dicastero, nelle strutture amministrative, non c’è traccia. I Falck sanno bene come funzionano la politica e i palazzi del potere. Il Ministro ha garantito per la Sardegna un decreto, previsto per legge ma mai varato, in cui commissaria l’Isola in tutto e per tutto. E’ lì che la clausola di invasione eolica sarà perentoria: tutti i progetti di energia rinnovabile nell’Isola dei Nuraghi sono di interesse pubblico e, quindi, sono approvati con atto di Roma. Peccato che niente ci sarà di interesse pubblico, semmai sarà un ricco e copioso foraggiamento, con tanto di incentivi miliardari, pagati dalle sempre più care bollette elettriche dei sardi, e destinati ad una foresta infinita di ciclopiche pale eoliche in terra e in mare, con spianate senza fine di pannelli fotovoltaici da spalmare sulle terre agricole di Sardegna.

Il piano segreto

Il piano di cui siamo in possesso è declinato in un unico progetto, con due parchi eolici che si irradiano dall’attracco della Saras per raggiungere uno il versante di Pula e l’altro quello di Villasimius. Nessuno gli ha spiegato che sulla via di S.Efisio, candidata a sito dell’Unesco, quella a terra e quella a mare, c’è un patrimonio ambientale e paesaggistico che nelle ambizioni “inconfessate” si vorrebbe restituire ad una piena fruizione turistica, valorizzando la vera vocazione di questa terra. E, invece, i potenti padroni delle acciaierie di un tempo vorrebbero occupare quel tratto di mare con una foresta di gigantesche pale eoliche, non solo d’impatto sulla panoramica verso l’Isola, ma sulla stessa fruibilità sicura degli specchi acquei. Poco importa se stiamo parlando di venti o trenta chilometri dal bagnasciuga, pur sempre visibile e impattante, ma anche sulla navigazione di quel tratto di mare.

Nora 1 e 2

I due progetti non hanno, come detto, nomi originali: Nora Energia 1 e Nora Energia 2. Il primo, quello sul versante di Pula, è il più imponente dei due: 53 pale gigantesche con 795 megawatt di capacità installata, con una produzione di energia elettrica che viene calcolata pari a quella consumata da 700.000 utenze domestiche. Il secondo, quello che da Sarroch punta verso il versante di Capo Carbonara, conta ben 40 pale eoliche e dichiara una capacità installata di 600 megawatt, pari al consumo di 500.000 utenze. Le pale eoliche previste sono tra le più invasive e potenti di sempre, con ognuna una capacità generatrice di 14 megawatt. Per comprendere l’utilità, o meglio l’inutilità, di questo impianto per la Sardegna, basti una semplice comparazione. In totale, sul Golfo degli Angeli, Falck e spagnoli, pensano di generare con quelle 93 pale eoliche ben 1.395 megawatt. In pratica la stessa energia generata complessivamente dalla centrale elettrica Enel di Portovesme insieme a quella di Fiumesanto a Portotorres, oppure, per compararle sul piano eolico, pari alla stessa potenza elettrica di 1.500 megawatt prodotti da tutte le pale eoliche installate sino ad oggi in tutta la Sardegna. Lo capirebbe chiunque: quell’energia non serve all’Isola. Sarà generata sul mare sardo, deturpando la costa e la sua fruizione, per, poi, essere trasferita direttamente nel resto d’Italia attraverso il Tyrrhenian Link, quel cavo-guinzaglio che Terna si accinge a realizzare per trasportare tutta quell’energia rinnovabile prodotta in Sardegna direttamente in Continente. L’Isola ci rimette tutto, il vento, il sole, la devastazione paesaggistica e ambientale, persino il costo stratosferico delle bollette elettriche, essendo l’unica regione in Italia e in Europa senza metano, e il Continente, invece, si prende tutto, trasformando la terra dei Nuraghi in una grande colonia energetica d’Italia. Il piano viaggia sottotraccia, presentato di nascosto a sindacati e operatori economici, con tanto di favole subliminali: posti di lavoro e sviluppo.

Nessun beneficio

Per la Sardegna, è evidente, invece, non ci sarà alcun beneficio, né occupazionale né in termini di sviluppo. Del resto l’unica possibilità di utilizzare tutta quell’energia rinnovabile direttamente nell’Isola è solo una: trasformarla in “Idrogeno verde”, accumulabile e realmente utilizzabile in un processo produttivo. Qui, però, si sa, non bisogna disturbare né la Saras né gli affari di Roma. I poli dell’idrogeno si stanno pianificando in Puglia e in Sicilia, nonostante la Sardegna, già vent’anni fa, pianificasse l’Isola dell’Idrogeno con il Nobel Carlo Rubbia. Falck e company, però, non sono originali nemmeno nel progetto di invasione del Golfo degli Angeli. Dieci anni fa esatti ci provò la «Trevi Energy». Il piano degli emiliani partiva da Giorgino con trentatré torri a mare alte 120 metri l’una. Non se ne fece niente, la Capitaneria di Porto mise nero su bianco il suo parere: l’impianto eolico offshore non è compatibile con la navigabilità del mare e la sua sicurezza. Progetto bocciato, senza appello. Per il resto ci hanno pensato Sant’Efisio e i revisori dei conti: a luglio del 2020 la Trevi Energy ha avviato le pratiche di scioglimento e liquidazione. Nel Golfo degli Angeli non sarà facile passare, nonostante Cingolani e i potenti di turno.

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