"Argomentazioni infondate". Con questa motivazione la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla difesa contro la sentenza con cui la Corte d'Appello di Brescia ha condannato Alberto Stasi a 16 anni di reclusione per l'omicidio di Chiara Poggi, commesso a Garlasco, il 13 agosto 2007.

Condanna confermata dalla stessa Cassazione nel 2017.

Il verdetto della Suprema Corte è stato depositato oggi e spegne, in assenza di nuovi elementi, la richiesta dei legali di Stasi di riaprire il processo.

In primo e secondo grado, Stasi era stato assolto ed era stata la Cassazione a disporre l''appello bis a seguito del quale c'era stata la condanna per l'imputato. Per la difesa, occorre rivalutare delle microtracce e dei capelli trovati nel bagno dove Stasi si lavò le mani insanguinate dopo il delitto, e un filmato sul passaggio di una testimone davanti alla casa dei Poggi la mattina dell'omicidio. Per la Suprema Corte, invece, le microtracce sul dispenser e i capelli sono stati già considerati e ritenuti elementi ininfluenti.

Inoltre, il filmato in questione, sostengono gli "ermellini", per "stessa ammissione" di Stasi, "dimostra esattamente quanto mostravano le fotografie" già acquisite.

In particolare, il riferimento è al "conducente dell'autovettura che si trovava nella condizione della testimone T." e che " poteva astrattamente vedere la portafinestra della cucina" di casa Poggi. "L'unico arricchimento del dato fornito dal filmato - prosegue la sentenza 13057 della Cassazione - è il lasso di tempo in cui questa astratta visione era possibile: due secondi"-. "Il filmato quindi non fornisce alcuna prova nuova sul fatto che la testimone T. avesse effettivamente visto la portafinestra della cucina, girando la testa mentre guidava, e tanto meno - sottolinea il verdetto - che ella avesse effettivamente notato che la portafinestra era chiusa (non sempre ciò che gli occhi vedono viene conosciuto ed elaborato dalla persona)". Per la Cassazione, i giudici bresciani "avevano preso atto che le persiane della porta finestra erano visibili alla testimone, ma avevano ritenuto che ella non potesse averle notate".

Dal momento che la teste T. "non è stata ritenuta in grado di fornire certezza sul fatto che, nel momento in cui passava con la sua autovettura davanti alla casa dei Poggi, le persiane della portafinestra fossero chiuse; quindi non può affermarsi che il delitto fosse avvenuto dopo il passaggio dell'autovettura della teste T., cioè in un m omento incompatibile con il rientro di Stasi nella sua abitazione e con l'accensione del computer alle ore 9,35 del mattino.

In base alla ricostruzione del fatti, fu Chiara ad aprire le persiane della cucina e venne uccisa tra le 9,12 - ora nella quale venne disattivato l'allarme di casa Poggi - e le 9,35 quando il pc di Stasi venne riacceso. E, per quei 23 minuti, l'imputato non ha alibi.

(Unioneonline/l.f.)
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