Potremmo chiamarlo "Patto sociale delle mascherine" e funzionerebbe, se potesse godere della base su cui poggia ogni accordo di questo genere: il rispetto da parte di tutti. E invece no: sull'autobus o in qualunque posto affollato troveremo sempre quello senza mascherina, oppure quell'altro che la indossa ma il naso no, lo lascia fuori: "Protezione ridotta almeno della metà", scolpisce Stefano Vella, infettivologo del Comitato tecnico-scientifico che affianca la Giunta regionale per le decisioni in materia sanitaria.

Patto sociale, si diceva: non c'è alternativa. La protezione offerta dalla mascherina chirurgica correttamente indossata è minima per chi la sopporta su naso e bocca, ma anche estremamente efficace per tutti gli altri: il virus viaggia sulle minuscole goccioline di saliva che emettiamo parlando e respirando, la mascherina ne blocca un'enorme quantità. Dunque, chi la indossa protegge gli altri, quindi se tutti la indossano sono anche tutti protetti.

"Se la mascherina è correttamente indossata da tutti, non ci sono posti più o meno pericolosi", sospira il professor Vella: "Il rischio è basso ovunque". Se anche soltanto una persona infetta (e gli asintomatici non sanno di esserlo) non indossa la mascherina sul bus, quel mezzo pubblico potrebbe essere una bomba biologica. Tutti i luoghi con assembramenti lo sono, senza la protezione su bocca e naso sono pericolosi, fa notare Vella, contrario alla riapertura al pubblico degli stadi: "Sono al livello di rischio massimo non tanto sugli spalti, ma all'ingresso e all'uscita, quando la gente si ammassa".
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