Non guardate le apparenze: i gialloverdi vanno studiati, per poter essere capiti, con criteri 2.0 rispetto agli standard tradizionali della politica. Lega e M5s sono divisi su Maduro, ovviamente, ma almeno lui è lontano. E poi sono divisi sulla Tav, e in modo addirittura coreografico: gli uni dal governo, chiusi nel ministero ad ostacolarla, e gli altri sempre dal governo, ma schierati in piazza a contestarla.

E poi i due movimenti sono separati in casa sul Reddito di cittadinanza, al punto che Di Maio e Conte lo rivendicano mostrando un cartello, mentre ovviamente Salvini - proprio al loro fianco - lo contesta mostrandone un altro. E quindi divisi sulle grandi opere, e infine (perché no?) divisi drasticamente sulle trivelle. I due amici-nemici sono in lotta, infine - e non potrebbe essere altrimenti - persino sull'autorizzazione al tribunale dei ministri per l'inchiesta che ha coinvolto Salvini sulla nave Diciotti.

Ho già scritto che queste divisioni sono cosi plateali che non vanno prese alla lettera, ma piuttosto vanno capite. Nella prima e nella seconda repubblica un altro governo - sottoposto a tali tensioni - sarebbe già esploso. Mentre nella terza, quella che stiamo scoprendo in queste ore, i gialloverdi si combattono ma allo stesso collaborano alacremente, si insultano violentemente, su tutti i temi, ma poi si scambiano affettuosamente emoticon, sui telefonini. E fateci caso: ogni volta che si arriva alla fine dell'imbuto, ovvero nel punto di non ritorno, i due duellanti finiscono spalla contro spalla difendendosi l'un l'altro contro il resto del mondo.

È già accaduto nella difficile trattativa con l'Europa, è già accaduto nell'estenuante tira e molla sulla manovra. Ed è accaduto di nuovo proprio in questa settimana, quando sullo sgombero del Cara, Lega e M5s hanno fatto muro sulla chiusura del centro di Castelnuovo di Porto. Era impossibile trovare una crepa di sostanza, tra loro ma solo il classico gioco del poliziotto-buono e del poliziotto-cattivo.

Questa convergenza oppositiva, questo nuovo curioso ossimoro di governo, è frutto di una strategia studiata a tavolino, o è nata in modo estemporaneo? Guardate la carta di identità di Salvini e di Di Maio. Chi ha dei figli ha imparato che anche la generazione dei social vive di stati emotivi, e ragiona così: posso litigare con il mio migliore amico, anche in modo spietato, ma la stessa sera ci posso tranquillamente chattare, programmando la prossima uscita come se nulla fosse. Il governo gialloverde emoticon funziona più o meno così: cresce nel conflitto, copre tutti gli spazi, approfittando che l'opposizione è ancora drammaticamente bloccata nella modalità lavori in corso. Da un lato c'è Zingaretti che (a un passo dalla vittoria) non si scopre su nulla per non perdere il suo attuale vantaggio. E dall'altro ci sono i renziani, che si tengono sulla loro linea pop-corn: però non c'è nessuno spettacolo, per loro, perché il sistema del conflitto permanente gialloverde copre tutto il campo da gioco, mentre i provvedimenti del Decretone sono costruiti in maniera scientifica per disarticolare i blocchi di consenso forte di Pd e di Forza Italia. Il Reddito catalizza le simpatie della sinistra e dei disoccupati del Sud, la linea anti-immigrati consolida i consensi della destra, Quota cento stabilisce un patto di sangue con gli operai e i gli intrappolati al lavoro del Nord, e la mini-Flat Tax e la pace fiscale stringe i legami con il ceto medio produttivo.

Il gesto più grande di opposizione - in questo clima - non arriva dalla politica, ma dalle famiglie di Castelnuovo che sono andate in prefettura a contrattare la possibilità di tenere a casa loro le famiglie dei migranti con minori, che altrimenti perderebbero la scuola. L'opposizione che incide in Italia è nella società, o al governo. Quella che non incide è in Parlamento. Quando finirà tutto questo? Con le elezioni europee, ovvio. E non perché qualcuno possa programmarlo, ma perché i rapporti di forza tra gli alleati saranno decisi dall'esito del duello: se resteranno più o meno invariati la maggioranza potrà vivere fino a fine legislatura. E se l'area del consenso al governo sarà più ampia che alle politiche, si tornerà al famoso contratto di governo come se fosse una nuova Bibbia, che indica la via maestra.

Tutto bene? No. Perché in un Paese serio, un premier non deve bisbigliare nell'orecchio alla Merkel per spiegarle che la politica italiana segue altre regole e vive quasi esclusivamente di paranoie e sondaggi. In un Paese serio si può avere un conflitto, ma ci si deve anche reggere su intese strutturali e di prospettiva. In un Paese serio c'è bisogno come il pane di una opposizione che non pensa di essere superiore, e si chiude nell'invettiva, ma che è capace di fare muro contro gli abusi di potere, e di votare con spirito riformista le cose che vanno bene.

Luca Telese

(Giornalista e autore televisivo)
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