Che cosa sta succedendo? La battaglia tra Unione europea e governo italiano è nel pieno di una scena del Macbeth, gli opposti si amalgamano, le tre streghe dicono saltellando "il bello è brutto e il brutto è bello".

La Commissione Ue ha bocciato il bilancio italiano (ma la procedura di infrazione ancora non c'è), i commissari Moscovici e Dombrovskis hanno parlato del nostro Paese con il tono altezzoso del comando (ma ne temono la crisi e il contagio), Salvini e Di Maio sono entrati in fase Patriots contro Vikings (ma litigano e l'alleanza è in bilico), Juncker e Conte si vedranno domani a cena (aggiungi un posto a tavola), gli investitori istituzionali hanno comprato 1.3 miliardi di titoli di Stato e salvato l'emissione dei Btp Italia (male invece gli investitori del retail), lo spread tra Btp e Bund ieri si è fermato a quota 307 (alto ma non da tutti a casa), i mercati dimostrano di essere più saggi della politica.

Le contestazioni all'Italia partono dal debito che non cala, mettono sotto accusa anche le politiche economiche dei governi del centrosinistra e si proiettano su questa manovra ad alta spesa, bassi investimenti e molte incertezze sul piano della crescita per effetto di una congiuntura economica che sta peggiorando.

La scelta di contestare la parabola del debito non è casuale, significa accorciare la catena delle decisioni, che arriveranno a gennaio con un lasso di tempo di esecuzione tra 3 e 6 mesi. Dettaglio fondamentale: 3 mesi significa “dentro” le elezioni europee, 6 mesi significa “fuori” dal voto per Strasburgo.

È un particolare che fa la differenza, il Consiglio europeo (il luogo della decisione finale sulla procedura d'infrazione) dovrà fare valutazioni politiche pesanti e possibilmente anche pensanti.

Fatto questo elenco, si capisce che siamo in una fase delicatissima per la vita del governo, il destino si è messo a giocare a dadi e con divertito cinismo ha incrociato i seguenti eventi sul tavolo verde: la presa del potere di un governo populista nella terza economia d'Europa (vedere alla voce Italia), la discesa del Regno Unito nella dark zone della Brexit, il decollo della campagna elettorale per il voto europeo di maggio 2019.

Questi tre elementi hanno in comune la volontà popolare. Il 4 marzo l'Italia ha dettato la formazione di un esecutivo di rottura; nel giugno del 2016 con il referendum i sudditi di Sua Maestà britannica hanno decretato l'uscita dall'Unione; il voto europeo di maggio 2019 sarà un “dentro o fuori” per l'establishment brussellese.

È la battaglia tra nuove e vecchie élite: i populisti italiani che sostituiscono il sistema binario del ventennio berlusconiano-antiberlusconiano; i Brexiteers nostalgici dell'Impero che si impongono sui globalisti eurocentrici; le nazioni che sventolano l'identità di fronte all'ideologia cosmopolita, sovrannazionale e no borders. La battaglia tra Bruxelles e Roma sul bilancio è una parte importante di questo movimento della storia, un panorama di incredibile complessità e trasformazione.

La maggioranza giallo-verde che governa l'Italia era l'unica possibile in uno scenario impossibile. Il governo deve negoziare il suo bilancio con l'Europa in un clima tempestoso e con le idee confuse. Lega e Cinque Stelle oggi sono divisi, quasi sul punto di rottura, sono partiti con un retroterra, constituency diverse: Salvini deve accompagnare i ceti produttivi del paese nella competizione globale, Di Maio ha in mente le masse del Sud in cerca di occupazione e reddito. Non c'è la sintesi e il vuoto dell'opposizione ha completato l'opera, così l'autoscontro con la Commissione Ue è maturato senza una strategia, per questo il negoziato finora non è mai decollato.

C'è ancora tempo per trattare e trovare un accordo tra Roma e Bruxelles, ma a questo punto bisogna vedere se il governo italiano ha tempo per se stesso, nel senso che una crisi dell'alleanza tra Cinque Stelle e Lega non può essere del tutto esclusa dal tavolo da gioco della politica. Siamo immersi nell'era della fast democracy, un tempo accelerato e compresso che consuma leadership e partiti. Oggi vinci e sei un Re, domani perdi e sei un maniscalco qualsiasi. Tutto scandito dalla superficiale velocità dei like sui social e non dalla lettura profonda e lenta di Shakespeare. Viviamo tempi interessanti. Forse troppo.

Mario Sechi

(Direttore di "List")
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