La richiesta era arrivata dal cardinale Francis Spellman, potentissimo della Chiesa americana che reggeva la diocesi di New York dal 1939, e in Vaticano ci fu chi cominciò a sudare freddo. Insomma, sibilavano gli alti prelati facendo avanti e indietro nelle stanze di San Pietro, con che faccia pretende che gli venga spedito come un pacco il primo capolavoro di Michelangelo perché venga esposto alla Fiera mondiale? Nessuno mai, in 500 anni di storia, aveva avuto questo ardire. Giovanni XXIII, invece, cominciò a considerare l'idea. Era il Papa buono ma era pure un pontefice accorto, attento alle infernali trappole della diplomazia. In quel 1962, a ottobre, era in programma il Concilio Vaticano II e sapeva bene che il suo documento sarebbe stato ostacolato dall'ala conservatrice e tradizionalista della Chiesa, fazione di cui Francis Spellman, rude carattere irlandese, era un ascoltatissimo esponente. Non era dunque il caso di inimicarselo, per cui dal Vaticano arrivò il consenso al prestito dell'opera. Giunse il sì a una condizione. "La Pietà - fu l'aut aut della Santa Sede - dev'essere esposta con le più rigide misure di sicurezza". E così, il 2 aprile 1964, impacchettata con modernissime tecniche di imballaggio, La Pietà venne trasportata fino al porto di Napoli dove, all'alba del 5 aprile, partì a bordo del transatlantico Cristoforo Colombo.

È la storia che riemerge in questa stagione di ritorno alla vita dopo la fase più dura della pandemia. Per quanto riguarda la scuola, la ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina aveva inizialmente proposto i divisori in plexiglas attorno a ogni banco, idea subito sbeffeggiata, bocciata e accantonata, ma intanto - se le regole per il rientro degli alunni in classe ancora sono piuttosto vaghe - vale la pena rievocare la volta in cui invece il plexiglas si dimostrò una carta vincente. L'occasione fu la Fiera internazionale di New York, esposizione divisa in due sessioni semestrali tra la primavera e l'estate del 1964 e del 1965. Il Vaticano aveva il suo padiglione, peraltro allestito con i soldi della Chiesa americana, e quella estate del 1962 - mentre fervevano i preparativi - il cardinale Spellman decise che sarebbe stato il punto più ammirato. Il suo, va detto, era un puntiglio che doveva avere il peso di uno scacco matto nella partita sempre aperta con la coppia presidenziale: John Kennedy e Jacqueline Bouvier. Se il presidente fu per lui una delusione quando nel '60, in campagna elettorale, si era rifiutato di inserire nel programma i finanziamenti alle scuole cattoliche (tanto che il porporato aveva deciso di appoggiare Richard Nixon), la first lady - mondana e sofisticata - gli stava proprio antipatica. Il fatto era che tutti i giornali stavano strombazzando la notizia dello straordinario prestito che, in vista dell'esposizione mondiale di New York, la Francia avrebbe fatto alla Casa Bianca: la Gioconda di Leonardo da Vinci. Sicché Spellman fece la sua mossa.

"Santità, deve prestarci La Pietà", disse a Giovanni XXIII. Al Papa spiegò che sarebbe stata la mossa giusta per dimostrare l'apertura del Vaticano al mondo, per dare modo di vedere questa straordinaria opera d'arte ai tanti cattolici che non potevano recarsi a Roma, ma in realtà l'obiettivo era dimostrare tutto il peso del suo prestigio personale portando negli Stati Uniti un capolavoro esposto nella Basilica di San Pietro dal 1517. Due anni dopo, occorre dire, due dei protagonisti di questa storia non c'erano più: John Kennedy, assassinato a Dallas il 22 novembre 1963, e Papa Giovanni XXIII, morto cinque mesi prima, il 3 giugno. Ma per Spellman non era cambiato alcunché: Paolo VI, salito al soglio pontificio il 21 giugno 1963, confermò il prestito della Pietà e anzi annunciò la sua visita a New York (promessa mantenuta nell'ottobre 1965, prima della chiusura dell'Expo). La Fiera internazionale venne inaugurata il 22 aprile 1964 e alla fine - con 27 milioni di biglietti staccati - La Pietà fu davvero l'opera più ammirata di tutta l'esposizione universale: collocata a oltre un metro dal suolo, era illuminata da più di 400 luci votive dentro un suggestivo alone blu. Effetti speciali straordinari, ma d'altronde il cardinale Spellman aveva affidato l'allestimento del padiglione del Vaticano a Jo Mielziner, il più grande scenografo del Novecento, un mito a Broadway dove aveva curato produzioni teatrali divenute classici come "Bulli e pupe", "Un tram che si chiama desiderio", "Morte di un commesso viaggiatore". Ovviamente il gioiello più prezioso, non solo del padiglione della Santa Sede ma di tutta l'esposizione, era l'opera di Michelangelo. Alla Pietà furono perciò riservate le misure di protezione più all'avanguardia. I 27 milioni di visitatori che arrivarono per vederla, poterono ammirarla a distanza, separati da uno schermo antiproiettile in plexiglas che andava dal soffitto al pavimento. Questa barriera di polimeri nulla toglieva allo stupore e alla meraviglia dello spettatore, ma era lì - invalicabile e indistruttibile - per proteggere uno dei tesori di San Pietro.

Quando l'opera di Michelangelo fece rientro a Roma, il Vaticano stabilì per decreto il divieto del prestito di opere d'arte. Una linea mantenuta fino al 1979 quando Papa Giovanni Paolo II accolse le richieste arrivate da New York e Chicago per la mostra itinerante dal titolo "Le collezioni Vaticane: il papato e l'arte".
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