Miriam Melis, 49 anni, cagliaritana, insegna Farmacologia al Dipartimento di Scienze Biomediche dell'ateneo della sua città e studia gli effetti della cannabis. Con il suo maestro Gianluigi Gessa, al Dipartimento di Neuroscienze, ha mosso i primi passi nel mondo della ricerca. L'Università della California, a San Francisco, è stata un'altra tappa fondamentale della sua formazione. In tanti, in questo periodo tormentato, hanno riscoperto il valore della scienza e il lavoro, spesso oscuro, dei ricercatori che mettono a punto farmaci e vaccini utili per tutti.

"Di fronte a un nuovo insidioso virus si apprezza meglio il valore della scienza, forte antidoto a paure irrazionali", lo ha detto il presidente della Repubblica Mattarella. "Per anni i nostri politici si sono fatti guidare da credenze e opinioni di personaggi che millantano lauree, cattedre e cure miracolose utilizzando metodi alternativi. Poi arriva il Sars-Cov2 e ci ricorda che esistono scienze vere come la biologia, l'epidemiologia e la statistica che ci stanno aiutando moltissimo in questo momento così drammatico. Ma bisogna ricordarsene anche in tempi di pace che il sapere va coltivato e non ostacolato".

Eppure non è facile fare ricerca. Per esempio c'è il rischio che venga bloccata definitivamente la sperimentazione animale. Con quali conseguenze?

"Parliamo di un vero e proprio ritorno al medioevo. Ricordiamoci che senza la sperimentazione animale non avremmo nessun farmaco, neanche quelli contro il Covid-19".

Le sue ricerche. Di cosa si occupa?

"Mi interesso dei meccanismi ai quali è legata la vulnerabilità verso i disturbi neuropsichiatrici come ansia, depressione, tossicodipendenza, aggressività, che hanno un esordio in giovane età. Svelare questi meccanismi molecolari può aiutare a correggere le traiettorie del neurosviluppo e quindi trovare la cura. Per avere una società migliore abbiamo bisogno di persone in salute, in primis quella mentale". Arrivano anche risultati e gratificazioni, l'ultimo riconoscimento ottenuto, il "Gill Center Transformative Research Award", è di grande prestigio. Perché?

"Riconosce prima di tutto il contributo della comunità scientifica sarda nel campo degli studi sulla cannabis, che rappresenta in maniera estesa l'oggetto della mia ricerca dal 1996 qui a Cagliari. A questo si aggiunga che negli anni precedenti il premio è sempre rimasto negli Stati Uniti, è la prima volta che arriva in Europa. Mi emoziona quindi pensare che non siamo una periferia. Il riscontro di tanti ricercatori italiani all'estero, giovani e non solo, in questo senso mi ha commossa".

Quando era bambina che cosa sognava di fare da grande?

"Quando ero bambina volevo fare l'architetto e anche diventare ricca per poter acquistare tutte le villette della mia spiaggia preferita, Is Traias a Villasimius, perché fosse tutta per me. Quella spiaggia è ancora il mio posto prediletto in assoluto". Come sono i rapporti con i colleghi uomini?

"Indipendentemente dal genere dovrei fare un distinguo tra colleghi: chi compete perché ha problemi di autostima e chi invece è estraneo a queste logiche. Lo spirito di squadra è quello in cui io credo fermamente, perché nessuno vince da solo".

Per una donna è più difficile fare strada nel mondo della ricerca?

"In tutti gli ambiti le donne devono sempre lavorare il doppio per dimostrare di valere quanto gli uomini".

Quali devono essere le qualità di un ricercatore?

"Motivazione, dedizione, precisione, rispetto e umiltà".

A un giovane con il sogno di fare lo scienziato quale consiglio vuole dare? "Lavorare duramente, dare il meglio di sé, esser gentili e non avere paura delle strade in salita". Quali sono i prossimi obiettivi? "Poter continuare a fare le mie ricerche qui a Cagliari, dopo il 31 dicembre 2020 in Italia rischiamo di non poter più fare sperimentazione animale sulla tossicodipendenza".
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