Dopo che un paio di settimane fa era passata in giudicato la condanna di quattro agenti per la morte di Federico, oggi la Corte di Appello di Bologna ha confermato le condanne nel processo "Aldrovandi bis", sui presunti depistaggi nelle indagini e che vedeva imputati i poliziotti Marcello Bulgarelli, addetto alla centrale operativa 113, la mattina quando morì il ragazzo, e Marco Pirani, ispettore di polizia giudiziaria in servizio alla procura di Ferrara, durante le indagini tra 2005 e 2006. "Questa nuova sentenza è un altro passo per conoscere la verità su quello che è accaduto quella mattina a Federico", ha detto, raggiunta al telefono dall'ANSA, la mamma di Federico Aldrovandi, Patrizia Moretti. "Per Bulgarelli - ha aggiunto - è stato confermato il reato, lo stesso per cui invece un altro poliziotto, e solo per un cavillo, era stato assolto (il riferimento a un altro poliziotto, Casoni, ndr). Sta venendo fuori che nella questura di Ferrara in quei mesi del 2005 e poi nel 2006 si misero in atto azioni che hanno impedito di far luce appieno sui fatti, non si è trattato di semplici omissioni ma di azioni decise per insabbiare tutto. Ora chiedo, anche se è pia illusione, e credo, sia giunto il momento che chi sa dica tutto, perché molti sanno realmente più di ciò che è stato detto. Qualcosa non ha funzionato nella questura di Ferrara in quell'epoca, mi piacerebbe che si facessero ulteriori approfondimenti" Oggi la corte d'appello di Bologna, presidente Massari, ha valutato le richieste del sostituto procuratore generale Longo che aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado per Bulgarelli (10 mesi, confermati oggi), mentre per Pirani aveva chiesto la derubricazione da omissione di atti d'ufficio a omessa denuncia, con riduzione della pena a 3 mesi rispetto agli 8 in primo grado, poi confermati dai giudici d'appello. Le difese, rappresentate dagli avvocati Gian Luigi Pieraccini (per Pirani) e Dario Bolognesi (per Bulgarelli), avevano chiesto l'assoluzione per i loro assistiti e annunciano ricorso. Bulgarelli doveva rispondere di favoreggiamento e omissione, poiché secondo l'accusa, come addetto alla centrale 113 quella mattina, interruppe su richiesta del collega Luca Casoni (processato e assolto in primo grado per lo stesso fatto/reato) la registrazione di una telefonata in cui Casoni avrebbe spiegato cosa era successo quella mattina, e disse il famoso 'staccà, per cui la telefonata in corso poteva risultare compromettente per i quattro agenti poi condannati per la morte di Federico. A Pirani era contestato il fatto di non aver inserito nel fascicolo del pm il registro delle telefonate arrivate al 113.
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