N el mio quartiere c'è un uomo di circa cinquant'anni (lo chiamerò Gerardo) affetto da una qualche malattia psichica che non saprei definire. È buono, non fa male a nessuno, non è pericoloso. Per tutto il giorno cammina per le vie del rione, con passo strascicato, lo sguardo perso nel vuoto. Al mattino, si reca sempre nel solito negozietto di generi alimentari, dove mani amorevoli (non compassionevoli, amorevoli) gli regalano un panino imbottito. Lui ringrazia, saluta e prosegue il suo incessante vagare per le vie della città. Estate e inverno. Il suo ciondolare incerto era particolarmente penoso durante i giorni del lockdown, in strade deserte, senza quel minimo contatto umano che, immagino, possa aiutarlo a sopportare il peso di un'esistenza miserevole. Quest'uomo cammina senza meta, senza speranza, aspettando la fine dei suoi giorni. Non so se abbia una famiglia che in qualche maniera lo aiuti. Ma mi domando: la società non dovrebbe adottarlo? Coccolarlo? Fargli compagnia? Non dovrebbe esistere una struttura moderna, immersa nel verde, con assistenti sociali, psicologi che supportino (e ce ne saranno tanti altri come Gerardo) questi nostri sfortunati compagni di viaggio? No, non esiste. Parafrasando un grandissimo: ditemi voi se questa è una società civile.

IVAN PAONE
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