I eri fra le notizie d'agenzia spiccava quella di un veneto, angosciato da una malattia invalidante e da una povertà altrettanto severa, che annuncia sui social di volerla fare finita. Ma scatta un'ondata di solidarietà e alla fine l'uomo, dopo un colloquio col vescovo, decide che accetterà il contributo di tutti e anziché in Svizzera a morire andrà a New York per vivere ancora un poco e realizzare un sogno.

Bella storia? Sì, bella e forte, ne parliamo anche nella cronaca nazionale. E a leggerla sorge una speranza pallida (almeno nei più laici, almeno in chi vorrebbe un dibattito vero sulle libertà civili e non un derby triviale in cui la squadra “della vita” cuce sugli avversari la maglia “della morte”). Sarebbe bello e addirittura civile se nessuno arruolasse questo cittadino sofferente. Sarebbe bello e soprattutto umano se si rinunciasse a farne l'anti-Fabo, se non lo si crocifiggesse su un santino o su uno slogan per incassare un voto o una coscienza in più. Sarebbe saggio se chi vuole salvarci l'anima a prezzo del nostro corpo ammettesse l'ipotesi che abbia ragione Quasimodo, e quindi ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera.

E a quest'uomo che soffre e spera sarebbe bello dire, per una volta all'unisono, quel che si dice fra vivi: buon viaggio, fratello.

CELESTINO TABASSO
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