N on avendo il coraggio di dire che il re è nudo, da qualche anno strillavamo che il vigile è in mutande. Per l'esattezza in slip, indossati con nonchalance mentre timbrava il cartellino, il furbastro.

Ma dopo anni un giudice ha capito: il nostro timbrava tra le mura di casa, visto che aveva un alloggio nel mercato che custodiva, e anzi faceva risparmiare il Comune, il tempo di vestizione della divisa rientra nell'orario di lavoro e lui timbrava dopo essersi già quantomeno svestito.

Lieto fine e tante scuse? No. Il vigile ha subito un'inchiesta e un processo (e può essere atroce), è stato cacciato e si è dovuto improvvisare artigiano aggiustatutto. E poi tutta Italia l'ha visto in mutande, che come umiliazione non è poco. Quindi nessun lieto fine.

Ma soprattutto niente scuse. Gli inquirenti? Beh, hanno diffuso le immagini per documentare la malapianta da estirpare. Giornali, giornalini, tv e testate online? Figurarsi, noialtri dobbiamo nutrire senza censure la pubblica opinione. E quest'ultima, che godeva scandalizzata mentre sbirciava un'intimità assonnata da tinello, si è scusata? Almeno i concittadini del nostro?

Vabbe', proviamoci qui. Ci perdoni, cittadino ex vigile. Ora può rialzare lo sguardo e prendersi una vendetta malinconica. Davanti a lei, oggi siamo in tanti a sentirci in mutande.

CELESTINO TABASSO
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