I l 23 agosto 1989 il nuovo governo riformista ungherese, che aveva sostituito al potere il leader del Partito comunista Janos Kadár, aprì i confini con l'Austria attraverso i quali, nel volgere di poche settimane, si riversarono migliaia di tedeschi dell'Est. A fine settembre oltre trentamila cittadini della moribonda Ddr erano scappati a Ovest dalla porta ungherese. Sebbene fossero state raggiunte riforme economiche e liberalizzazioni politiche durante gli anni ottanta, le principali innovazioni avvennero solo a seguito della caduta di Kadár nel 1988.

Quello stesso anno il Parlamento adottò un “pacchetto democratico”, che includeva il pluralismo nei commerci, libertà di associazione, assemblea e stampa, una nuova legge elettorale e una radicale revisione della Costituzione. Nell'ottobre 1989 il Partito comunista si riunì nell'ultimo congresso e si ridefinì come Partito socialista ungherese. In una storica seduta il Parlamento adottò una legislazione che costituiva la Repubblica di Ungheria, garantendo multipartitismo, diritti civili e umani, separazione dei poteri giudiziario, esecutivo e legislativo.

Trent'anni sono trascorsi da quel memorabile 1989 che si concluse con la caduta del Muro di Berlino e la fine del blocco sovietico. Oggi la cronaca riscrive la storia dell'Europa con il ribaltamento delle riforme e delle speranze di allora. Di fatto la democrazia ha preso il posto dei vari regimi comunisti di fede moscovita e quei Paesi dell'ex Urss si sono ritrovati nell'Unione europea. (...)

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