A modo suo è una storia romantica, ne ha gli elementi: il mare, le passeggiate sul bagnasciuga, la ricerca di conchiglie, un’arte sapiente da soddisfare e che dà gratificazioni. Protagonista è Andrea Cadoni, di professione orafo: collane, anelli, orecchini, bracciali, cinture e fibbie in oro e argento con fogge ricche e cesellate con l'impiego di pietre e conchiglie finemente scolpite accostate ad altri materiali naturali del territorio isolano come il legno di ginepro. Piccole opere d’arte che conquistano il mondo.

Lei è appena stato in tournée a presentare i suoi gioielli.

«Sono rientrato la settimana scorsa da Riyadh in Arabia Saudita, invitato alla prima edizione della Settimana dell’artigianato internazionale, la Bonan. Il mio lavoro è stato notato all’Artigiano in Fiera di Milano, lo scorso dicembre. Insieme a me, unico sardo, c'erano altre 3 aziende italiane. I miei gioielli hanno entusiasmato in pubblico e i media locali, che mi hanno dedicato articoli e interviste. E ho ricevuto proposte di collaborazione per insegnare la mia mia arte. È stata un'esperienza che mi ha arricchito e ispirato: il confronto con il mondo arabo mi sorprende per le analogie con la cultura e l’artigianato sardo».

Qual è la sua formazione?

«Ringrazio mia madre, ha visto in me delle attitudini artistiche e mi ha spronato verso l’istituto d'arte di Alghero per la scultura del corallo. In seguito ho aperto la mia attività nel borgo minerario di Montecchio, paese dove sono cresciuto e dove la natura onnipresente è stata la mia prima insegnante e fonte d’ispirazione. Era il 2003. La mia sfida è stata credere nello sviluppo turistico delle miniere, che non è mai avvenuto. E allora ho cercato alternative per far conoscere il mio lavoro, come partecipare a mostre artigianali nazionali e internazionali. Nel 2012 l’apertura dello studio a Cagliari. La lavorazione dei metalli, da autodidatta, è stata una conseguenza per sviluppare il mio concetto di scultura gioiello».

Che emozioni le dà il mare?

«Amo il mare, lo frequento e lo vivo da sempre. È un rifugio che mi fa star bene anche e soprattutto quando è in burrasca. Per caso ho raccolto una conchiglia ricca di materia, ci ho visto il volto di una donna sarda chiuso in un velo. La conchiglia era durissima, più del marmo, ciò è stato motivo di ricerca per nuove tecniche di lavorazione. Il rischio di infrangerle, la capacità di sfruttare tutta la materia disponibile e arrivare a una lucidatura tale da far brillare naturalmente le conchiglie sono stati gli ostacoli più difficili da superare. e ancora oggi, dopo 20 anni di esperienza continuo a sperimentare e a portare avanti nuove idee. Con il tempo mi sono reso conto che nessuno lavora la glycymeris glycymeris (un genere di conchiglia, ndr) e questo mi ha fatto scoprire un mestiere completamente nuovo».

C’è stato un momento di svolta?

«Sì, il ritrovamento del corpo della piccola Neve, bambina di 10 mila anni fa, il cui ornamento era una conchiglia al collo: ho sentito chiaramente di avere fra le mani un filo rosso che lega la mia arte a un tempo senza fine. Mi piace credere che nelle mie sculture ci sia l'arte preistorica, la greco-romana, la gotica e rinascimentale, ma anche barocca, romantica, neoclassica. Intanto continuo ad azzardare forme e tecniche nuove. Il risultato non è solo un monile da indossare, ma un’opera con una storia da vivere».

L’arenile che è diventato il suo scrigno?

«Montevecchio ha la fortuna di dominare una delle coste più belle e selvagge della Sardegna, la Costa Verde. E Piscinas è il deserto più grande d'Europa. Ecco il principio del connubio tra me, la conchiglia e il mare».

L’apprezzamento al quale tiene di più?

«Fiera di Milano. Una ragazza sceglie un gioiello e poi spiega che da 4 anni era innamorata dei miei lavori e che ogni mese metteva da parte qualcosa per poterne acquistare uno. Fa l’operaia».

E un personaggio famoso che possiede un suo gioiello?

«Papa Francesco possieda una mia conchiglia: mi riempie di emozione. Inoltre, la Fondazione Cini di Venezia mi ha inserito nella guida Homo Faber, fra i 400 migliori artigiani d'Europa».

Giovanni Follesa

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