Il ritorno in pompa magna del maestro Francis Ford Coppola ha scatenato col suo debutto a Cannes giudizi a dir poco altalenanti. Ancora fresca di anteprima, l’imponente visione fantascientifica di una metropoli tra New York e l’antica Roma - ove l’idealismo di un architetto che intende ricostruirla dopo lo sfracello deve scontrarsi con le ambizioni di un sindaco integralista - manifesta la volontà del director di mettere a confronto il presente col passato traendone parallelismi e letture capaci di osservare più in profondità il nostro tempo.

Ciò è emerso da parte del cineasta proprio durante la sua apparizione sulla Croisette: «Quando anni fa ho detto che volevo raccontare un'epopea romana ambientata in America mi hanno chiesto il perché. Ho spiegato che gli USA sono nati dal modello della repubblica romana. Da essa hanno mutuato l'idea di una società egualitaria e gli edifici immensi. Il parallelismo tra gli Stati Uniti di oggi e l'antica Roma è visibile ovunque e il ruolo dell'artista è centrale perché pone l'accento su questi aspetti».

Concertando un cast d’assoluta eccellenza, che mette insieme personalità del calibro di Adam Driver, Shia LaBeouf, Giancarlo Esposito, Laurence Fishburne e Dustin Hoffman, Coppola ha instaurato un confronto costruttivo tra differenti generazioni cinematografiche, ove ciascuno ha dato il proprio contributo col massimo della partecipazione: «Questo film è nato da una collaborazione, lo abbiamo fatto insieme. Il cinema è un'arte collettiva, da solo non avrei saputo dove mettere le mani. Oltre a fornire una bellissima performance, Adam Driver ha dato un grande contributo al montaggio. Ognuno di loro è andata oltre al proprio compito, contribuendo con generosità».

Pur con sette minuti di applausi al termine della proiezione, “Megalopolis” ha ricevuto in prima battuta appena il 28% di giudizi positivi sul sito aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes, per attestarsi in seguito al 50% di gradimento. D’altronde lo stesso Adam Driver ha etichettato la pellicola come “indefinibile”, associandosi al commento dell’attrice Aubrey Plaza che si è espressa definendolo “un meraviglioso incubo”. Alcuni commenti della critica riterrebbero addirittura il titolo “un pasticcio insopportabile” e “il lavoro folle di un pazzo ambizioso”. A questi si associano molti altri feedback provenienti dalla stampa specializzata, come quello di Bilge Ebiri del giornale online Vulture che ha definito il film “la cosa più folle che abbia mai visto”. Matt Neglia ha parlato invece di “mega fallimento” per via dei personaggi che sembrano persi tra battute involontariamente esilaranti, in una risultante assurda e incoerente. Altrettanto tiepide le impressioni di Kyle Buchanan del New York Times, specie dinanzi allo stato di confusione che suscitano i differenti stili di recitazione degli interpreti e i loro improbabili dialoghi.

Nonostante le inevitabili spaccature che son seguite - anche per i problemi riscontrati durante le riprese ma soprattutto per la natura atipica e sovversiva del titolo - Coppola ammette apertamente di non essersi pentito investendo i propri soldi nel progetto e anzi, ciò gli avrebbe permesso di non sottostare agli obblighi degli studios. Interpellato sui 120 milioni spesi di propria tasca per la realizzazione del film, il director ha affermato: «Ho inserito il rischio nel film. Non ho problemi con le finanze. I miei figli, senza eccezioni, hanno carriere meravigliose. Non hanno bisogno di una fortuna. È così che sentivo che il film doveva essere, quindi ho deciso di finanziarlo io.... Ci sono tante persone che quando muoiono dicono: vorrei averlo fatto io. Quando morirò, dirò: io l'ho fatto». 

E il futuro del cineasta non lascia spazio a dubbi, dichiarando di non voler affatto ritirarsi dal mondo del cinema e con ancora parecchio lavoro in vista per il prossimo futuro: «Posso assicurarvi che ho intenzione di essere ancora qui tra 20 anni. Ho già iniziato a scrivere un nuovo film».

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