Il controverso “Megalopolis”, ultima fatica per il grande schermo del maestro italoamericano Francis Ford Coppola, ha colto l’attenzione dei media soprattutto dopo i giudizi divisivi che durante l’anteprima a Cannes hanno spaccato in due la critica internazionale. Frutto di una gestazione durata oltre vent’anni e finanziato in modo del tutto indipendente, il titolo fantascientifico sceglie di osservare l’epoca contemporanea attraverso la lente della distopia, ambientando i sogni e le ambizioni di un visionario architetto fra le imponenti vie di una città futuristica, per ricostruirne le fondamenta contro i loschi interessi di un sindaco corrotto.

Con una replica forte e chiara alla scarsa percentuale del 52% di opinioni positive sul sito Rotten Tomatoes, Coppola ha espresso il proprio voto personale col punteggio massimo di cinque stelle su Letterboxd, altra nota piattaforma di classificazione e valutazione dei film. Non a caso, il director ha più volte sottolineato nelle recenti dichiarazioni la propria soddisfazione per la buona riuscita del progetto. Attirando su di sé le polemiche anche per la scarsa trasparenza delle condizioni di lavoro - dalle presunte molestie sul set ai licenziamenti improvvisi nel reparto artistico - il titolo non ha convinto neppure gli utenti di CinemaScore, bocciandolo con la bassa valutazione di “D+” che indica un risultato inferiore perfino a quello di qualsiasi altro cinecomic.

In effetti, il paragone coi film tratti dai fumetti non risulta inappropriato se si pensa a quanto aspramente il director abbia criticato questo genere di operazioni, con opinioni del tipo: «Martin Scorsese è stato gentile quando ha detto che non si tratta di cinema. Non ha detto che è spregevole, mentre io dico che lo è». 

Altro motivo di discussione sono state le posizioni di Coppola sulle prossime elezioni presidenziali americane, che avrebbero appesantito ulteriormente l’alone negativo in cui il film si trova al momento impantanato. In compagnia degli storici collaboratori Robert De Niro e Spike Lee, nel corso di un Q&A trasmesso negli Stati Uniti in diretta streaming dall'AMC Lincoln Square di New York, il regista ha paragonato la caduta dell’antica Roma al crollo del sistema americano, ritrovando nel suo “Megalopolis” una lucida metafora del tempo presente. Vaticinando nel breve periodo un cambiamento radicale dell’intero assetto politico e sociale, ha commentato: «I miei film sono un po' preveggenti, si riferiscono al futuro. La gente mi ripeteva sempre: perché vuoi fare un film sull'America come Roma? Oggi l'America è Roma. E stiamo per vivere la stessa esperienza, per le stesse ragioni per cui Roma ha perso la sua repubblica e si è ritrovata con un imperatore. Questo film è forse molto preveggente da fare, un film sull'America, perché sta per accadere tra pochi mesi».

E descrivendo Roma alla luce della società di oggi, ha aggiunto: «Roma era così prospera, faceva un sacco di soldi. Quindi i senatori erano molto interessati al loro potere e alla loro ricchezza. E non gestivano il Paese. Ebbene, la stessa cosa è accaduta qui. Il nostro Senato e i nostri rappresentanti stanno tutti manipolando il proprio potere piuttosto che gestire il Paese. E rischiamo di perderlo». Fresco d’uscita negli Stati Uniti, il titolo ha confermato purtroppo le previsioni meno ottimistiche con un tiepido debutto al botteghino, collocandosi sotto la sesta posizione al box-office e registrando appena 4 milioni di incasso dalla distribuzione in 1.854 sale.

Segno evidente che, almeno per ora, “Megalopolis” non ha saputo far breccia tra la folta schiera di spettatori. Per quanto riguarda invece l’uscita nei cinema italiani, prima del debutto fissato al 16 ottobre il titolo godrà di un’anteprima lunedì 14 a Cinecittà, come evento di pre apertura per la Festa del Cinema di Roma. All’incontro prenderà parte lo stesso director, per introdurre il film al pubblico in sala dopo oltre trent’anni di assenza dagli studios romani, quando girò alcune scene de “Il Padrino – Parte III”.

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