Se la notizia di assalti ai Caf nel Sud Italia per candidarsi al reddito di cittadinanza va nettamente ridimensionata, certo è che sulla proposta diventata il cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, sono ancora in molti a non avere le idee chiare.

A partire dal nome, scelto dai grillini ben prima della campagna elettorale 2017/2018 ma piuttosto fuorviante, perché in concreto la proposta di un sostegno al reddito per le fasce sociali in difficoltà economica si avvicina più a un sussidio di disoccupazione o a un reddito minimo garantito, realtà peraltro consolidata da tempo in Paesi come Francia, Danimarca, Svezia, Germania e Gran Bretagna, e di recente riconosciuta e promossa anche dal Parlamento europeo.

E non si tratta di una pura questione di forma, perché dal nome può nascere il malinteso che questo sostegno al reddito venga erogato semplicemente in virtù dell'essere cittadini italiani, quando invece esistono precisi paletti per poterne usufruire, spiegati nel programma grillino e ricordati durante la campagna elettorale dai rappresentanti del Movimento.

Un vero e proprio reddito di cittadinanza concesso senza condizioni è presente solo in Alaska, ed è erogato a tutti coloro che dimostrino di essere residenti da più di un anno, ma le condizioni economiche e demografiche dello Stato nordamericano sono piuttosto differenti da quelle italiane.

Un manifesto dei 5 Stelle sul reddito di cittadinanza
Un manifesto dei 5 Stelle sul reddito di cittadinanza
Un manifesto dei 5 Stelle sul reddito di cittadinanza

Tornando a casa nostra, la proposta grillina prevede che venga garantito ai cittadini italiani un reddito minimo attorno ai 780 euro, con possibili estensioni legate al numero di componenti del nucleo familiare, ma a patto che i richiedenti siano maggiorenni, disoccupati o con redditi al di sotto della soglia di povertà.

Non solo, perché il sostegno economico venga concesso dallo Stato, gli eventuali fruitori dovranno rispettare delle regole precise, che prevedono anzitutto la registrazione a una rete di centri per l'impiego, perché venga monitorata l'effettiva e costante ricerca di un lavoro, l'accettazione di impieghi, l'attività di formazione e la partecipazione a lavori utili - almeno otto ore settimanali - offerti dai Comuni di residenza.

Ambiguità a parte, l'attenta campagna stampa e lo slogan "nessuno deve rimanere indietro" hanno fatto centro e il successo elettorale del Movimento 5 Stelle deve senz'altro molto a questa proposta, peraltro ripresa in termini ancor più generosi da Forza Italia, ma va ricordato che qualcosa di simile al reddito minimo garantito era già stata introdotto in Italia dal centrosinistra, sotto la denominazione REI (Reddito di inclusione) e con paletti simili, anche se con un tetto massimo inferiore ai 780 euro proposti dai 5 Stelle.

(Unioneonline/b.m.)
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